Alghe “sosia” 3D per studiare i fondali marini colpiti dal cambiamento climatico

10 Ottobre 2018
alghe

Alghe artificiali “sosia” di una specie chiave del Mediterraneo potrebbero essere utilizzate come strumenti di “restauro” degli ecosistemi naturali compromessi dal cambiamento climatico

È  quanto emerge dai primi risultati del progetto “Will coralline algae reef mitigate climate change effects on associated fauna?” condotto da ENEA con l’Università di Portsmouth e CNR.

Dopo essere state progettate, stampate in 3D e trapiantate sui fondali della Baia di Santa Teresa (La Spezia), le 60 alghe sosia dell’alga corallina E. elongatasono state analizzate attraverso rilievi in snorkeling, “night lab” (cioè monitoraggi di parametri chimico-fisici per 24h in continuo sul reef), campionamenti e analisi al microscopio, con l’obiettivo di testarne l’idoneità alla colonizzazione da parte di organismi marini.

Dopo 5 mesi sui fondali della Baia di Santa Teresa, il 42% delle alghe “sosia”, o ‘mimics’, è sopravvissuto. Per quanto riguarda la composizione della fauna associata alle alghe artificiali, dagli studi emerge una similarità con quella associata al reef naturale per circa il 61%[1], confermando anche l’idoneità dei ‘mimics’ ad attrarre ed ospitare una fauna paragonabile a quella che colonizza le alghe naturali[2]. Durante il periodo di studio inoltre i ricercatori hanno registrato due eventi di heat wave, ondate di calore intense con picchi superiori a 26° e temperature medie oltre i 24°, cui i ‘mimics’ e il reef naturale sono stati esposti, che testimoniano l’attuarsi di eventi anomali di riscaldamento climatico in atto.

“Quest’alga corallina è considerata un ‘ingegnere’ ecosistemico. Oltre ad essere promotore di biodiversità e produttore di ‘carbonio’ pulito, il cosiddetto carbonio blu, che si produce attraverso il processo di fotosintesi, è di enorme importanza per la vita e la sopravvivenza di molti organismi, vegetali ed animali”, sottolinea Chiara Lombardi del Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali dell’ENEA.

Con una struttura a base di carbonato di calcio e fronde erette ma flessibili, questa alga corallina così preziosa è in grado di crescere sia su substrati rocciosi naturali che artificiali e di sopportare periodi fuori dall’acqua (per esempio causati dall’abbassamento di marea), ma anche forti variazioni di temperatura, salinità e pH. Queste caratteristiche fanno sì che i suoi reef rappresentino habitat ideali per la vita di numerosi organismi marini (crostacei, policheti, echinodermi, briozoi) che tra le sue fronde trovano riparo da condizioni ambientali poco favorevoli, nascondiglio dai predatori, ma siano anche fonte di cibo e aree di nursery per la riproduzione, giocando un ruolo chiave nella resilienza dell’ambiente ai cambiamenti climatici.

I primi risultati del progetto, finanziato dalla Royal Society (International Exchange Grant RS-CNR), sono stati presentati con un video realizzato da Matteo Nannini, tesista ENEA, premiato come migliore speed talk al convegno della rete LTER “La Rete LTER-Italia verso una infrastruttura aperta e sostenibile”, per la condivisione delle conoscenze e dei dati, la connessione fra discipline e la disseminazione dei risultati della scienza.

“Il Centro di Santa Teresa è parte della rete LTER grazie all’osservatorio meteo-marino e ai monitoraggi biologici a lungo termine che i colleghi svolgono da oltre 20 anni su ecosistemi di pregio e vulnerabili al cambiamento climatico nel Golfo di La Spezia”, spiega Roberta Delfanti, responsabile della Divisione Protezione e Valorizzazione del Capitale Naturale.

“Il dato del 42% dei ‘mimics’ sopravvissuto all’esposizione in ambiente naturale dimostra che, sebbene le proprietà del materiale usato fossero simili a quelle dell’alga in termini di resistenza alla trazione, lo stress dalla “fatica” imposto dalla periodicità dell’onda è stato importante”, spiega Chiara Lombardi. “L’altro elemento interessante è stato il verificarsi di due eventi di Heat Wave, tra giugno e agosto 2017, che testimonia l’attuarsi di eventi anomali di riscaldamento climatico in atto. Per questo motivo, oltre allo studio delle comunità biologiche presenti, auspichiamo di continuare nel monitoraggio climatico”.

Per comprendere a pieno l’effetto di mitigazione al cambiamento climatico esercitato dall’alga naturale, sulla fauna associata, i ricercatori hanno ricreato nel Laboratorio acquari del Centro ricerche ambiente marino dell’ENEA S. Teresa, uno scenario critico come quello previsto per il 2100 dall’International Panel of Climate Change (IPCC), quando l’acidificazione degli oceani porterà il pH dell’acqua a un valore di 7,7: i reef naturali e i ‘mimics’ sono stati messi in vasca e sottoposti a sperimentazione con valori di pCO2 – attuali e previsti per il 2100 – e temperature incrementate (heat waves). I risultati della fase sperimentale sono attesi per il 2019.

“Le alghe coralline che formano reef appartengono a un gruppo di organismi che svolge un ruolo importante nel ‘tamponare’ la diminuzione del pH, creando un micro ambiente che potrebbe aiutare alcune specie a resistere al cambiamento climatico”, spiega Federica Ragazzola dell’Università di Portsmouth. “In pratica quando le acque diventano più ‘acide’, questi reef corallini, attraverso la fotosintesi e dissolvendosi lentamente, aumentano il pH proteggendo gli organismi che vivono all’interno”.

 

Fonte: ENEA

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