Alimenti: Altroconsumo, tracce d’inchiostro delle confezioni nei cibi

28 Giugno 2019
Imballaggi

Gli alimenti che consumiamo potrebbero essere contaminati dall’inchiostro delle loro confezioni

 

I cibi che consumiamo potrebbero essere contaminati dall’inchiostro delle loro confezioni, mettendo potenzialmente a rischio la nostra salute: è quanto emerge da un’analisi condotta da Altroconsumo insieme ad altre tre associazioni di consumatori europee i cui risultati sono pubblicati nel numero di ‘Inchieste‘ di luglio.

 

Sono 76 i campioni di imballaggi in carta e cartone analizzati, dai risultati dei test – che oltre che in Italia sono stati svolti in Danimarca, Norvegia e Spagna – 45 sono risultati ‘puliti’, mentre ben 31 sono quelli in cui gli imballaggi rischiano di trasmettere ai cibi queste sostanze chimiche. Tra questi anche un prodotto italiano – gli stampi Tescoma utilizzati da tanti consumatori per preparare muffin casalinghi – non ha superato la prova per quanto riguarda le ammine aromatiche primarie.

All’estero, invece, gli imballaggi che rischiano di trasmettere ai cibi queste sostanze chimiche sono addirittura di più. I risultati complessivi dell’indagine sono segno evidente che è “urgente una legge europea in materia di imballaggi stampati che tuteli maggiormente i consumatori da questo rischio, segnalano le associazioni. In Italia in particolare esiste già una norma specifica sulla carta e cartone alimentare ma non c’è ancora nulla che riguardi gli inchiostri della stampa”.

“Abbiamo presentato i risultati delle nostre analisi al Beuc (The European Consumer Organization) – spiega Ivo Tarantino, responsabile relazioni esterne Altroconsumo – l’associazione, che ci rappresenta in seno alle Istituzioni europee, ha ora in mano i nostri dati, che dimostrano la portata del problema e argomenti incisivi per chiedere finalmente una normativa sugli imballaggi alimentari di carta e cartone e sugli inchiostri, che scongiuri ogni rischio. La stessa Commissione europea ha chiesto recentemente agli Stati membri di condurre controlli sulle sostanze rilasciate dagli imballaggi tra cui le ammine aromatiche primarie per valutare l’ipotesi di una nuova regolamentazione”.

I risultati lasciano trasparire “una situazione non omogenea e, nonostante esistano già buone pratiche industriali per evitare che gli inchiostri vengano in contatto con gli alimenti (anche attraverso l’utilizzo di film plastici), purtroppo può comunque capitare che si verifichino migrazioni di alcune sostanze durante il periodo di conservazione dell’alimento o contaminazioni dei contenitori in altri momenti (per esempio bicchieri di carta stampati impilati gli uni dentro gli altri, o in fase di stampa del cartone)”. Nel dettaglio, per l’analisi sono stati ricercati due tipi di sostanze presenti negli inchiostri: le ammine aromatiche primarie – alcune delle quali note o sospettate di avere proprietà cancerogene e mutagene per l’uomo – e diversi fotoiniziatori, ovvero sostanze usate per dare brillantezza ai colori, su alcuni dei quali pende il dubbio che siano cancerogeni o perturbatori del sistema ormonale.

Per fare le valutazioni, in assenza di una norma specifica sugli inchiostri, gli esperti si sono affidati a due punti di riferimento legislativi e scientifici: la legislazione svizzera che regolamenta l’uso degli inchiostri da usare sugli imballaggi alimentari e il parere dell’ente governativo tedesco di valutazione dei rischi alimentari (Bfr) per quanto riguarda la possibile migrazione delle ammine aromatiche primarie da articoli in carta stampata. Innanzitutto sono stati ricercati e quantificati questi composti negli imballaggi. Poi è stata simulata una possibile migrazione secondo il principio del ‘peggior caso possibile’, una tecnica usata in laboratorio per stabilire l’entità teorica del rischio.

Infine, per i campioni confezionati che sono risultati positivi sono stati eseguiti test sul cibo contenuto o su apposite sostanze ‘simulanti’ nel caso dei monouso. Per quanto riguarda le ammine aromatiche primarie, 9 campioni (tra cui quello italiano) ne contenevano una quantità superiore alla raccomandazione del Bfr, mentre per quanto riguarda i fotoiniziatori 6 campioni avevano una migrazione al di sopra dei limiti stabiliti dall’ordinanza svizzera e 15 pur avendo un alto contenuto nell’imballaggio avevano una migrazione bassa o nulla nei cibi.

Fonte: AdnKronos Salute

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