I casi di shock anafilattico legati alle allergie alimentari nei bambini a rischio possono essere ridotti grazie a linee guida per la prevenzione.
Il numero di casi di shock anafilattico per allergie alimentari può diminuire grazie linee guida che danno indicazioni per la prevenzione nei bambini a rischio: è quanto emerso da una ricerca realizzata dal Murdoch Children’s Research Institute, i cui risultati sono stati pubblicati sul “The Journal of Allergy and Clinical Immunology”.
La modifica della vecchia indicazione che prevedeva di non introdurre i cibi allergizzanti fra uno e tre anni ha “appiattito” la curva dei casi di reazioni allergiche gravi e contribuito a ridurre il numero degli allergici ai cibi. Durante i primi mesi e anni di vita non è più richiesto di rinunciare ai cibi che più spesso danno allergie.
In questo modo si può ridurre il numero delle persone allergiche e anche delle reazioni gravi, ovvero degli shock anafilattici. Solitamente la reazione grave inizia con prurito (alle mani e ai piedi), tosse secca, gonfiore della lingua e delle labbra o difficoltà di respirazione). Nella piena manifestazione clinica si verifica un calo della pressione arteriosa con vertigini, confusione fino alla perdita della coscienza, con possibili complicanze vascolari e/o cardiache (trombosi, ischemie, aritmie) fino al coma. La somministrazione tempestiva di adrenalina blocca la progressione della reazione.
Oltre a prevenire la comparsa delle allergie alimentari attraverso l’introduzione dei cibi allergizzanti durante lo svezzamento dei bambini, è emerso che l’80% dei bimbi allergici alle proteine in latte o uova può guarire entro i tre anni. La frutta secca, le arachidi e il pesce sono invece allergeni che più difficilmente si riesce a tollerare spontaneamente e chi è allergico da bambino di solito lo resta per tutta la vita.
Tuttavia è possibile anche “guarire” dalle allergie alimentari, perché per alcune casistiche è possibile sottoporsi a protocolli di desensibilizzazione: l’immunoterapia delle allergie alimentari “insegna” al sistema immunitario a tollerare cibi innocui e rappresenta una vera e propria cura. Gli effetti resistono anche dopo anni dalla fine della terapia: alcuni pazienti arrivano alla piena tolleranza dell’alimento, altri possono accrescere la dose che riescono a ingerire senza avere reazioni. L’immunoterapia è una cura da adattare al singolo caso in base al livello di tolleranza, sempre seguendo rigidi protocolli. Per esempio, esistono protocolli per gli allergici al latte, all’uovo, al grano o alle arachidi.