L’antimicrobico resistenza è una pandemia silente con una prevalenza in Italia molto elevata da sempre, tanto da avere la maglia nera in Europa insieme ai paesi dell’Est Europa. Nel 2030 il nostro Paese avrà un incremento nella resistenza antimicrobica del 19%, mentre la Cina, coinvolta in maniera importante dall’emergenza Covid, lo sarà altrettanto per i microrganismi resistenti, che cresceranno fino al 50%.
Oggi i pazienti che muoiono per antimicrobico resistenza hanno lo stesso esatto problema dei pazienti colpiti dal virus Sars-Cov-2 che muoiono, ovvero non hanno trattamenti efficaci.
La mortalità correlata proiettata nelle prossime decadi potrebbe assumere delle dimensioni incredibili, 10 milioni di morti che andrebbero a superare i decessi per cancro e per tutte le altre malattie croniche e diffuse. Epicentro, il portale di epidemiologia per la sanità pubblica a cura dell’Istituto Superiore di Sanità, sulla base di varie pubblicazioni, da tempo evidenzia come solo il 30-50% delle infezioni sia prevenibile attraverso buone pratiche preventive.
Nonostante la ricerca recentemente stia tornando a produrre nuovi antibiotici, esiste un problema nella valorizzazione delle nuove molecole e nel riconoscimento dell’investimento di chi le sviluppa: la tempistica per realizzare un nuovo antimicrobico è un percorso ad ostacoli che dura minimo 8-11 anni, con una spesa globale ben oltre i 600 milioni di euro; esiste un utilizzo ritardato dei nuovi antibiotici anche nel paziente critico, dopo diverse altre terapie di cui spesso si conoscono effetti collaterali; ma se un approccio appropriato prudente e per gradi è fondamentale non è corretto un uso razionato di questi nuovi antimicrobici poiché in molti casi dietro all’antimicrobico resistenza vi è un paziente che non può aspettare. Inoltre tema di sostenibilità spesso si omette di considerare i costi evitabili (diretti sanitari e indiretti) legati sia a ritardi di accesso alle nuove terapie che a scelte inappropriate di utilizzo.
Per approfondire questi temi e tenere alta l’attenzione sul problema Motore Sanità ha affrontato il tema dal titolo ‘DAL “CUTTING EDGE” DELLA RICERCA IN ANTIBIOTICO TERAPIA AL BISOGNO DI NUOVI ANTIBIOTICI, DALLA VALUTAZIONE DEL VALORE AL PLACE IN THERAPY APPROPRIATO’ per contribuire a trovare soluzioni attraverso un dialogo che ha coinvolto i migliori tecnici e istituzioni, a livello nazionale e regionale.
“Le morti correlate sono evitabili sia grazie ad interventi comportamentali, che però necessitano di bisogno di investimenti, sia perché è importante il fatto che finalmente si sta investendo per avere nuovi antibiotici nei confronti dei quali le resistenze non siano state già acquisite da parte del germe – ha spiegato Giovanni Rezza, Direttore Generale della Prevenzione Sanitaria Ministero della Salute -. In quest’ultimo anno e mezzo abbiamo dovuto tralasciare molti argomenti e sicuramente l’antibiotico resistenza, che era diventata finalmente un argomento centrale nel Paese, ha perso peso da un punto di vita culturale ed esperenziale perché siamo stati costretti ad affrontare un’emergenza pandemica. Credo che dovremmo subito ricominciare ad affrontare il problema in maniera più efficace e concreta e riportarlo ai primi posti dell’agenda di Governo”.
“L’antimicrobico resistenza, pur vivendo una situazione pandemica così grave, non riceve nessun tipo di attenzione e di finanziamenti – ha spiegato Francesco Menichetti, Professore Ordinario di Malattie Infettive Università di Pisa – Direttore UO Malattie Infettive AOU Pisana – Presidente GISA –. E’ un fenomeno clinicamente rilevante, tanto che la mortalità correlata proiettata nelle prossime decadi potrebbe assumere delle dimensioni incredibili, 10 milioni di morti che andrebbero a superare i decessi per cancro e per tutte le altre malattie anche croniche e diffuse, inoltre è stato enfatizzato dalla concomitante pandemia Covid 19 che è stata in grado di amplificarlo, specialmente nei pazienti lungodegenti in terapia intensiva, che già hanno un rischio specifico di andare incontro a infezione Amr, ma con una polmonite Covid 19 e ventilati meccanicamente hanno amplificato questo rischio. La diffusione ospedaliera, che è stata spesso responsabile di focolai locali, è stata favorita da un inadeguato rispetto del lavaggio delle mani”.
“Nella fase di rafforzamento del nostro servizio di sanità nazionale e di riconfigurazione in alcuni casi, il tema dell’antibiotico resistenza, uno dei più importanti che dovremmo affrontare in una fase di endemia del Covid, può essere paradigmatico per quanto riguarda il controllo delle malattie infettive, nel mettere a punto modelli che aiutino il controllo di questo tipo di fenomeno e anche l’uso appropriato dell’antibiotico. Il tema infatti non è antibiotico sì o antibiotico no, ma l’antibiotico giusto alla persona giusta, con il dosaggio giusto per il tempo giusto. Questa è la grande sfida e si può vincere in una logica di sistema” ha aggiunto Silvio Brusaferro, Presidente Istituto Superiore di Sanità.
“Sui nuovi antibiotici e all’antimicrobial stewardship che riguarda il territorio, ma soprattutto l’ospedale, c’è bisogno di un cambio di passo. Cerchiamo di uscire dal concetto dell’antimicrobial stewardship come strumento di controllo dei costi, errore clamoroso che molti ospedali stanno commettendo. L’antimicrobial stewardship deve essere uno strumento di appropriatezza” ha concluso Matteo Bassetti, Direttore UO Clinica Malattie Infettive Ospedale Policlinico “San Martino” Genova – Presidente SITA.