Applicazioni della tecnologia Raman all’identificazione dei materiali

6 Novembre 2023
BRAVO - Bruker Raman

La spettroscopia Raman prende il nome dal suo scopritore, Chandrasekhara Venkata Raman, premio Nobel per la fisica nel 1930 proprio per questa scoperta.

L’effetto Raman consiste nello studio della diffusione di un fascio di luce monocromatica nell’intervallo di lunghezze d’onda che vanno dall’UV al vicino infrarosso incidente su un campione. La radiazione inviata sul campione o lo attraversa senza subire modifiche oppure viene assorbito in funzione delle caratteristiche del campione stesso e della lunghezza d’onda. Una parte della luce incidente sul campione subisce quello che viene chiamato scattering elastico o effetto Rayleigh, in cui il campione riemette la radiazione esattamente alla stessa lunghezza d’onda di quella incidente. Una piccolissima parte della radiazione subisce invece quello che è chiamato scattering anelastico o effetto Raman che comporta l’emissione di radiazioni a lunghezze d’onda minori (Linee Stokes) o maggiori (Anti-Stokes) di quella incidente. L’effetto è schematizzato in fig. 1.

Fig. 1

 

L’origine dell’effetto è da attribuire alla interazione tra la radiazione ed i livelli energetici vibrazionali dei materiali coinvolti. Lo scattering anelastico è un fenomeno poco intenso, basta pensare che la probabilità che ha di avvenire è pari a circa 1 su 108. L’intensità del segnale dipende inoltre della lunghezza d’onda della radiazione eccitatrice, ma non in modo lineare bensì in funzione di l-4 . In sostanza l’intensità di un segnale Raman acquisito utilizzando una eccitazione a 532nm è 16 volte più intenso di un segnale ottenuto con una eccitazione a lunghezza d’onda doppia: 1064nm. Questo porterebbe a pensare che l’utilizza di sorgenti a bassa lunghezza d’onda sia sempre preferibile, ma, come vedremo in seguito, per via dell’effetto della fluorescenza questo non è sempre possibile.

 

Confronto Raman Infrarosso
Se nel Raman i livelli energetici delle deformazioni molecolari vengono eccitati in maniera indiretta, nel caso della spettroscopia Infrarossa, lo sono in maniera diretta. Sotto questo punto di vista infrarosso e Raman sono considerate tecniche simili. In figura 2 sono rappresentati i due principi a confronto. In prima approssimazione, la spettroscopia Raman può essere considerata una misura per differenza dell’energia di deformazione del legame chimico

Fig. 2

 

Per rendere gli spettri Raman indipendenti dalla lunghezza d’onda della radiazione eccitante viene calcolato il cosiddetto Raman Shift che non è altro che la differenza tra la radiazione di eccitazione e quella dello scattering anelastico. Gli spettri Raman sono quindi espressi sulla stessa scala di uno spettro infrarosso, tipicamente in numeri d’onda o cm-1

 

Fig. 3

 

A questo punto sorge una domanda spontanea: spettri IR e Raman sono identici? La risposta è solo in parte. Per via della diversa natura fisica del fenomeno, non tutte le vibrazioni o deformazioni molecolari sono in grado di interagire con la radiazione elettromagnetica. Le condizioni necessarie affinché si possano osservare dei picchi di assorbimento vengono chiamate regole di selezione. Queste regole sono differenti per Raman e Infrarosso. Nello specifico, sono Raman attive le vibrazioni e deformazioni legate a variazione della polarizzabilità del legame chimico mentre sono Infrarosso attive quelle legate alla variazione del momento di dipolo del legame.
Ne consegue immediatamente che le deformazioni dei legami che coinvolgono legami eteronucleari, come il legame O-H sono intense nell’Infrarosso e meno nel Raman, essendo fortemente polarizzate, mentre viceversa i legami che coinvolgono legami omonucleari, come ad esempio -C=C- sono intensi al Raman e più deboli all’IR in quanto più facilmente polarizzabili.
In generale possiamo dire che nel caso di molecole organiche entrambe le tecniche forniscono spettri specifici che rappresentano una impronta digitale della specie chimica in analisi.

 

La fluorescenza e l’effetto Raman
La fluorescenza è un fenomeno risonante che si verifica nel momento in cui la radiazione incidente sul campione fa raggiunge uno stato elettronico di energia superiore rispetto a quello di partenza, il meccanismo di decadimento può generare una serie di emissioni molto intense, chiamate appunto fluorescenza che possono mascherare in parte o del tutto l’effetto Raman, intrinsecamente più debole. Vediamo in fig. 4 la descrizione del fenomeno.

Fig. 4

 

La fluorescenza non è presente in tutti i campioni, ma spesso le molecole organiche ne sono affette. La mitigazione della fluorescenza può essere fatta in vari modi:
– Cambio della lunghezza d’onda della sorgente di eccitazione. Spostandosi a lunghezze d’onda maggiori si riduce il rischio di far raggiungere al sistema un livello elettronico. Questa soluzione ha però lo svantaggio di ridurre l’intensità del segnale Raman. Nella maggior parte delle applicazioni di routine il miglior compromesso tra lunghezza d’onda e fluorescenza si osserva con eccitazioni nella regione del rosso e vicino infrarosso, nell’intervallo 780-850 nm.
– Elaborazioni dello spettro. Nel caso in cui la fluorescenza non mascheri completamente i picchi è possibile, tramite opportuni processamenti matematici dello spettro (es. correzione della linea di base) ottenere spettri ripuliti dalla fluorescenza.
– Sistemi di correzione della fluorescenza basati sullo shift della lunghezza d’onda di eccitazione, Sequentially Shifted Excitation SSE.

 

Correzione della fluorescenza con la tecnologia Sequentially Shifted Excitation SSETM
La tecnica brevettata Sequentially Shifted Excitation, SSE1 si basa sull’utilizzo di sorgenti laser che possono variare leggermente, ma in maniera estremamente accurata, la lunghezza d’onda di emissione. Vengono misurati tre spettri Raman in rapida sequenza ed analizzati tramite un algoritmo che verifica il comportamento dei picchi al variare della lunghezza d’onda di eccitazione. Come si vede dalla fig.5 relativa ad uno spettro Raman di Talco contenuto in un sacchetto di PE, i picchi che sono legati all’effetto Raman subiscono uno shift in frequenza, i picchi legati ad altri effetti (Fluorescenza, Assorbimento) sono invece insensibili alle piccole fluttuazioni della lunghezza d’onda di eccitazione. L’algoritmo estrae quindi dagli spettri grezzi la sola componente Raman restituendo uno spettro ripulito dagli altri effetti.

 

L’utilizzo del Raman per l’identificazione dei materiali
La tecnologia Raman è utilizzabile per l’identificazione dei materiali. Grazie alla sua elevata specificità è possibile identificare con certezza un composto semplicemente confrontando il suo spettro con lo spettro di uno standard. La tecnica Raman è approvata per uso farmaceutico e descritta nelle monografie delle principali farmacopee, come la Ph.Eur. 2.2.48 e la USP ‹858›, ‹1858›.

 

Quando utilizzare il Raman rispetto all’IR (o a NIR) per l’identificazione di prodotti?
In linea teorica l’identificazione delle materie prime può essere eseguita con successo con tutte e tre le tecnologie, la scelta di quale tecnica adottare si basa dunque su valutazioni legate ad ulteriori fattori, come ad esempio la numerosità dei campioni da analizzare, la loro natura chimico-fisica, il luogo di installazione e l’operatore che effettua l’analisi. Nella Tabella seguente sono stati riassunte le caratteristiche salienti delle tre tecniche.

 

Negli ultimi anni, grazie al punto forte della disponibilità di strumenti portatili sommato alla semplicità di sviluppo delle librerie abbiamo assistito ad un forte sviluppo delle applicazioni Raman all’identificazione dei materiali, in particolare nei settori:

Farmaceutico: Identificazione di API ed eccipienti

Narcotici: identificazione di sostanze da abuso

Beni culturali: identificazione di pigmenti e contraffazioni

Ricerca: Scienza dei materiali, polimorfismo, mineralogia, catalizzatori

 

BRAVO: L’analizzatore Raman portatile di Bruker
Il BRAVO (Bruker RAman Verification Optics) è la soluzione Raman portatile di Bruker che semplifica l’identificazione delle sostanze.

 

Caratteristiche principali dell’analizzatore

  • Portabilità: Sistema a batteria con schermo touch integrato da 7’’. Le due batterie fornite di serie garantiscono fino ad 8 ore di autonomia
  • Sensibilità: L’eccitazione Duo LASER TM del BRAVO permette di misurare gli spettri Raman in un campo di lunghezze d’onda elevato 300-3200cm -1 con opzione fino a 170cm -1  Il Sistema Sequentially Shifted Excitation SSETM riduce l’effetto della fluorescenza
  • Accuratezza: La lampada al neon integrata nel BRAVO assicura una calibrazione automatica del numero d’onda per una accuratezza spettrale senza precedenti.
  • Sicurezza per gli operatori: il BRAVO è l’unico sistema Raman portatile classificato come prodotto laser classe 1M durante tutte le operazioni di lavoro. L’utilizzo non richiede l’utilizzo di DPI specifici per gli operatori o di restrizioni di accesso nei locali.
  • Connettività: Il BRAVO può scambiare dati via WIFI o Ethernet RJ45. Lettore di codici a barre 1D e 2D integrato. Sistema automatico di sincronizzazione dei dati tra strumento e PC.
  • Qualifica: Il BRAVO, in accoppiata con la piattaforma software OPUSTM è conforme ai requisiti del 21CFR11 e dei principi ALCOA del data Integrity. Test OQ/PQ con standard certificati garantiscono le prestazioni dello strumento.

 

NOTE

⌊1⌋ Cooper et al. Applied Spectroscopy 67, 973 (2013)
Cooper et al. Applied Optics 53, 3333 (2014)

 

Per saperne di più guarda il video

 

 

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