Un gruppo di ricercatori italiani ha sviluppato un biosensore per smartphone per il rilevamento e la quantificazione di OTA nel caffé solubile e nel vino.
L’esposizione alle micotossine, che possono contaminare alimenti e mangimi, rappresenta un grave rischio per la salute dei consumatori. L’ocratossina A (OTA) è una delle micotossine più abbondanti e tossiche, pertanto sono state stabilite specifiche norme per fissarne i livelli massimi ammissibili negli alimenti.
I metodi di analisi di laboratorio per il rilevamento e la quantificazione dell’OTA svolgono un ruolo chiave nel garantire la sicurezza alimentare. Tuttavia, per evitare la contaminazione lungo l’intera catena di distribuzione degli alimenti, sono necessari strumenti diagnostici rapidi e di facile utilizzo, adatti per eseguire l’analisi sul campo.
In questo contesto, in uno studio recente (Zangheri et al., 2021), effettuato da ricercatori dell’Università di Bologna e Torino è stato proposto un sistema che combina l’utilizzo di un test immunologico a flusso laterale (LFIA) con l’analisi della chemiluminescenza (CL). Tale dispositivo consiste in un un biosensore portatile e intuitivo integrato in uno smartphone, di cui utilizza la fotocamera come rilevatore di luce, ed impiega cartucce analitiche monouso, a basso costo, contenenti tutti i reagenti necessari per l’esecuzione dell’analisi.
L’analisi può essere effettuata al momento del bisogno da operatori non specializzati attraverso semplici operazioni manuali. Il biosensore consente il rilevamento quantitativo di OTA in campioni di vino e caffé fino a 25 μg L⁻¹ e con limiti di rilevamento rispettivamente di 0,3 e 0,1 μg L⁻¹, che sono al di sotto dei limiti fissati dalla normativa europea.
I risultati dimostrano che il dispositivo sviluppato può essere utilizzato per il monitoraggio di routine della contaminazione da OTA, consentendo l’identificazione rapida e affidabile di campioni positivi che richiedono un’analisi di conferma.