Lotta ai tumori: CAR-T, servono centri specializzati

8 Luglio 2019
Car-t

Una nuova possibilità di cura per malati senza opzioni. Oggi 600 pazienti italiani con tumori del sangue potrebbero usufruirne. E si studiano nuove applicazioni

 

L’immunoterapia come strategia di cura dei tumori negli ultimi anni ha aperto nuovi scenari. L’ultimo importante progresso è l’introduzione delle CAR-T nel trattamento dei pazienti con linfoma a grandi cellule dell’adulto e leucemia linfoblastica acuta nel bambino e il giovane, che non ottengono benefici dalle terapie convenzionali. La terapia con Chimeric Antigen Receptor T Cells (CAR-T) è in grado di restituire al sistema immunitario, attraverso differenti metodiche, la sua naturale capacità di riconoscere ed eliminare le cellule tumorali. Si tratta di un trattamento destinato a pazienti con una neoplasia avanzata e che non hanno avuto gli esiti sperati con le cure tradizionali e che, con questa strategia, possono anche guarire. Ma è necessario che questa complessa  terapia sia eseguita in centri dotati di un apparato organizzativo adeguato, anche per la possibile comparsa di eventi avversi comunemente non riscontrabili con le terapie attualmente in uso.
Servono centri specializzati

Con l’intento di creare un tavolo di confronto tra esponenti politici, della sanità regionale e stakeholder tecnici, per mettere i diversi servizi sanitari regionali in condizione di assumere le migliori decisioni operative che rendano il sistema di cura efficace e sostenibile, si è tenuto nei giorni scorsi a Milano l’evento «Road Map CAR T prospettive attuali e future dell’uso delle CAR-T in Italia», con il patrocinio di Regione Lombardia e della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome organizzato da Motore Sanità, con il contributo di Novartis. «Le CAR-T sono cellule immunitarie (più precisamente linfociti T) che grazie all’ingegneria genetica vengono armate con un recettore chimerico, CAR, grazie al quale possono riconoscere in maniera altamente specifica un antigene espresso dalla cellula tumorale e, in tal modo, uccidere questa cellula – spiega Fabio Ciceri , direttore dell’Unità Operativa di Ematologia e Trapianto Midollo Osseo all’Ospedale San Raffaele Milano -. I linfociti T formano la base della protezione immunologica contro tutto ciò che proviene dall’esterno. Pertanto, il razionale dell’utilizzo delle CAR-T è quello di infettare i linfociti T con un virus che trasferisca al loro interno il gene con le instruzioni per l’espressione dell’antigene CAR diretto contro il tumore. Al momento attuale, l’uso delle cellule CAR-T ha dato ottimi risultati portando all’approvazione di due prodotti per il trattamento della leucemia linfoblastica acuta a cellule B e del linfoma diffuso a grandi cellule B: due patologie oncologiche che hanno in comune l’espressione dell’antigene CD 19, usato come bersaglio per questa nuova forma di terapia. L’applicazione clinica delle CAR-T richiede la realizzazione di un team di lavoro multidisciplinare all’interno di un Centro Trapianti accreditato in ragione delle specifiche complicanze e della necessità di una loro gestione intensiva».

Una nuova possibilità di cura

«L’imminente disponibilità  in Italia della prima terapia cellulare con CAR-T per il trattamento di alcune patologie linfoproliferative apre a pazienti, ad oggi senza opzioni terapeutiche, una possibilità di cura – sottolinea Paolo Corradini, presidente Società Italiana di Ematologia SIE -. Infatti i risultati degli studi registrativi dei due prodotti ad oggi approvati dalle agenzie regolatorie americana ed europea (axicabtagene e tisagenlecleucel) hanno dimostrato che circa il 40% dei pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule, resistente o refrattario a precedenti terapie, ottiene una risposta completa di lunga durata che può tradursi in guarigione. Il decorso clinico tuttavia può essere gravato dalla comparsa di tossicità specifiche (quali la sindrome da rilascio di citochine e problematiche di tipo neurologico) in piccola parte prevedibili e parzialmente risolvibili. Questi dati sono stati già in larga parte confermati anche dall’uso commerciale dei prodotti – continua l’esperto -. La complessità logistico gestionale che precede il trattamento con CAR-T, difficoltà di selezione del paziente e di gestione del decorso acuto e cronico dei pazienti, il coinvolgimento e coordinamento delle divers e discipline mediche interessate nel processo di cura (ematologia, neurologia, terapia intensiva, centro trasfusionale) hanno portato l’Agenzia  Italiana del Farmaco a suggerire di creare un CAR-T cell team nei centri che hanno l’accreditamento JACIE per il trapianto allogenico».

Oggi 600 pazienti potrebbero usufruirne

«Si calcola che attualmente circa 600 pazienti con linfoma a grandi cellule B e circa 20 pazienti con leucemia linfoblastica acuta siano in una situazione di malattia che ha indicazione alla terapia con CAR-T – dice Elisa Zucchetti, dirigente della Struttura Complessa Ematologia ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda -. Il tentativo potrà essere di accreditare il numero di centri per soddisfare questo bisogno, considerando che con lo sviluppo di questa tecnologia probabilmente ci saranno nuove indicazioni e che conviene accreditare un numero limitato di ospedali facendo convergere energie e risorse». Si sta infatti sperimentando la terapia CAR-T anche nei malati con un altra forma di tumore del sangue, il mieloma multiplo. «In Italia ogni anno si registrano circa 4mila nuovi casi ed è in costante aumento per via dell’invecchiamento della popolazione – spiega Mario Boccadoro, direttore Struttura Complessa Ematologia alla Città della Scienza e della Salute di Torino -. La sopravvivenza media di questi pazienti è aumentata notevolmente negli ultimi 10 anni, passando da 2,5 a 8/10 anni, grazie all’introduzione di nuovi farmaci con diverso meccanismo di azione che vengono utilizzati in combinazione o in sequenza – chiarisce Boccadoro -. Nonostante i successi terapeutici in termini di qualità e quantità di vita, una frazione ancora piccola (circa il 10 per cento) di pazienti ottiene la guarigione. Per questo motivo c’è grande interesse per le nuove terapie cellulari quali le CAR-T che hanno dimostrato una straordinaria efficacia in pazienti resistenti a tutte le nuove cure e dopo svariate linee di trattamento. In questi pazienti con malattia estremamente avanzata sono segnalate percentuali di rapida risposta completa intorno al 90% con una mediana di durata di circa 11 mesi. Sono in corso o verranno a breve iniziate sperimentazioni in fasi più precoci di malattia che certamente miglioreranno i risultati fino ad ora ottenuti».

Fonte: Corriere della Sera

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