Uno studio di Princeton rivela il meccanismo di accumulo e spostamento delle microplastiche studiando la velocità dei fluidi
Le microplastiche si accumulano quando viaggiano attraverso il suolo o i materiali porosi, generando delle ostruzioni. Tuttavia, tendono a liberarsi e a proseguire il loro percorso fino agli ambienti naturali più distanti a causa della forte pressione a cui vengono sottoposte. E arrivano molto più lontano di quanto si potesse pensare.
Lo studio “Multiscale dynamics of colloidal deposition and erosion in porous media”, pubblicato recentemente su Science Advances da un team di ricercatori dell’università di Princeton ha rivelato il meccanismo attraverso il quale le microplastiche, come il polistirolo, e le particelle inquinanti vengono trasportate per lunghe distanze attraverso il suolo e altri mezzi porosi, il che può avere implicazioni sulla prevenzione dell’accumulo di contaminanti nelle fonti di cibo e acqua.
“L’inquinamento da plastica è ormai onnipresente – afferma Sujit Datta dell’Università di Princeton – ma il modo in cui le particelle possano raggiungere l’ambiente era ancora poco compreso finora“.
Il team ha analizzato la diffusione delle particelle studiando la velocità dei fluidi, scoprendo che questa propagazione è in grado di raggiungere distanze molto più elevate di quanto si ritenesse in precedenza. Il gruppo di ricerca ha testato due tipi di particelle, viscose e non viscose, corrispondenti alle tipologie di microplastiche presenti in ambiente. “I processi di deposizione o erosione – continua l’esperto – sono ciclici. Si formano delle ostruzioni che vengono rimosse dalla pressione del fluido, il che contribuisce a muovere ulteriormente le particelle attraverso lo spazio dei pori. Il nostro lavoro mostra la dinamica di questi fenomeni“.
Gli scienziati non hanno evidenziato differenze sulla possibilità che si formino le ostruzioni in base alle tipologie di particelle considerate, dato che in entrambi i casi una pressione sufficientemente elevata sembra contribuire a rimuovere l’occlusione. “Le particelle non viscose – riporta Navid Bizmark, ricercatore post dottorato associato al Princeton Institute for the Science and Technology of Materials – tendevano tuttavia a rimanere bloccate solo nei passaggi più stretti, mentre quelle viscose aderivano a tutte le superfici che incontravano“.
Gli autori hanno descritto il passaggio di microparticelle di polistirene fluorescente e fluido attraverso un mezzo poroso trasparente sviluppato in laboratorio per osservare questi fenomeni. Il polistirene è la microparticella di plastica che compone il polistirolo, che spesso è disseminato nel suolo e nei corsi d’acqua e in mare a causa della degradazione di materiali per le spedizioni, contenitori da fast food e le cassette per il pesce. I mezzi porosi che hanno creato i ricercatori imitano la struttura dei mezzi presenti in natura, inclusi i terreni, i sedimenti e le falde acquifere.
Lo studio, ha dimostrato che, durante l’esperimento, sebbene le microparticelle di polistirolo si siano bloccate in alcuni punti, alla fine sono state liberate e spostate lungo l‘intera lunghezza del supporto. “Ora è chiaro che le particelle viscose – sostiene Rodney Priestley, docente di Ingegneria chimica e biologica – possono diffondersi su vaste aree e attraverso centinaia di pori. E’ stato entusiasmante poter osservare in tempo reale le dinamiche di questi processi in diverse condizioni sperimentali“.
Gli esperti sperano di utilizzare queste osservazioni per migliorare i parametri relativi ai modelli su scala più ampia per prevedere la quantità e la posizione della contaminazione. “Il nostro lavoro – commenta Datta – potrebbe aiutare a comprendere meglio la probabilità che una particella si sposti su una certa distanza e raggiunga una destinazione vulnerabile, come un terreno agricolo, un fiume o una falda acquifera nelle vicinanze“.
I ricercatori hanno anche studiato come la deposizione di particelle microplastiche influisce sulla permeabilità del mezzo, inclusa la facilità con cui l’acqua per l’irrigazione può fluire attraverso il suolo quando sono presenti microparticelle.
Datta conclude: “Questo esperimento è la punta dell’iceberg in termini di particelle e applicazioni che ora i ricercatori possono studiare. Ora che abbiamo trovato qualcosa di così sorprendente in un sistema così semplice, siamo entusiasti di vedere quali sono le implicazioni per sistemi più complessi. Ad esempio, questo principio potrebbe fornire informazioni su come argille, minerali, grani, quarzo, virus, microbi e altre particelle si muovono in mezzi con complesse sostanze chimiche in superficie. La conoscenza aiuterà anche i ricercatori a capire come distribuire nanoparticelle ingegnerizzate per risanare falde acquifere contaminate, forse fuoriuscite da uno impianto produttivo, una fattoria o un flusso di acque reflue urbane. Al di là della bonifica ambientale, i risultati sono applicabili ai processi di una vasta gamma di settori, dalla somministrazione di farmaci ai meccanismi di filtrazione e, in modo efficace, a qualsiasi mezzo in cui le particelle scorrono e si accumulano”.