I laboratori scientifici si sono rivelati un riferimento fondamentale per mettere in campo nuove soluzioni per individuare, diagnosticare e proporre soluzioni di contrasto al virus SARS-CoV-2 (Covid-19), tracciando dei punti di partenza per giungere ad un vaccino
Pensiamo alla quantità di sperimentazioni eseguite in centinaia di laboratori, agli studi in vitro e in vivo, alle analisi cliniche, tamponi in primis, che sono stati eseguiti finora: parliamo di milioni di processi chimici e biologici eseguiti su larga scala.
Insomma, i requisiti per la competenza di un laboratorio, ormai è evidente, assumono sempre più una centralità nelle dinamiche scientifiche e analitiche: requisiti per la qualità e la competenza previsti da determinati standard internazionalmente riconosciuti, che prevedono una adeguata gestione delle dotazioni strumentali e delle condizioni ambientali come punto fondamentale per giungere a risultati affidabili e accettabili.
Quando sentiamo parlare di standard per la gestione della qualità applicabili a questo ampio e delicato settore (per la gestione dei processi a partire dalla progettazione alla pianificazione, implementazione fino al controllo delle attività di un laboratorio) potremo pensare in primis alla norma ISO 9001, che prevede i requisiti di carattere prettamente gestionale e organizzativo.
Esistono tuttavia altri standard, come la norma ISO 15189 per i laboratori medici, indirizzata specificatamente ai laboratori medici che prevede requisiti miranti a garantire la qualità e la competenza degli stessi, a garanzia dell’attendibilità dei risultati espressi nel referto.
A differenza della citata ISO 9001, la ISO 15189 prevede dei requisiti tecnici specifici, uno dei quali che assume una significativa rilevanza è sicuramente quello connesso alla necessità di disporre di un ambiente idoneo, a garanzia di adeguate condizioni ambientali da rispettare per la corretta implementazione di tutti i processi pre-analitici, analitici e post-analitici governati dal laboratorio.
Ecco perché avere una gestione dei processi (analitici in primis) riconosciuti – soprattutto nell’ottica di una crisi sanitaria come quella attuale – è imprescindibile. E questo vale per tutte quelle attività delicate che vengono svolte, specie in ambiente medico scientifico e dove spesso, in assenza di standard internazionali, possono verificarsi delle perturbabili differenze. Pensiamo ai risultati diversi rilevati da un tampone per Covid-19 eseguito sulla stessa persona o anche da analisi del sangue effettuati sullo stesso soggetto.
È sempre la norma ISO 15189 che detta i requisiti per l’assicurazione della qualità dei risultati di esame.
Non è un caso se in Italia l’ente unico di accreditamento Accredia ha sinora rilasciato solo 16 accreditamenti a laboratori medici in riferimento a questa norma, tra cui il laboratorio dell’Unità Operativa Complessa di Microbiologia e Virologia dell’Università di Padova, tra l’altro impegnato costantemente nell’emergenza della pandemia (primo laboratorio medico accreditato in Italia, risultato ottenuto grazie anche al supporto del CESQA – Centro Studi Qualità Ambiente dell’Università di Padova). Un numero troppo esiguo che dovrebbe far riflettere.
A livello internazionale, dall’ultimo rapporto di ILAC – International Laboratory Accreditation Cooperation – emerge che nel mondo non si raggiungano i 10mila laboratori medici accreditati. Un numero modesto che di fatto può lasciar addito a fondati dubbi non solo la bontà dei processi, ma anche e soprattutto su una probabile inaffidabilità degli ambienti dove questi si svolgono. Oggi la pandemia è un segnale chiaro e forte che andrebbe compreso come un’opportunità per rinnovare e innovare attività importanti e strategiche: il laboratorio, in questo senso, gioca un ruolo fondamentale che inevitabilmente s’intreccia con le nostre vite. (Fonte: Labozeta)