Dagli antibiotici ai pesticidi: ecco la chimica che inquina il 60% delle acque italiane

9 Giugno 2020
acque

Anche microplastiche e creme solari: tante le sostanze e i composti chimici di quotidiano utilizzo che inquinano i corpi idrici: un dossier di Legambiente fotografa l’inquinamento delle acque

Per anni utilizzati come discariche dove smaltire i reflui delle lavorazioni industriali, i nostri fiumi, laghi, acque marino-costiere e falde sotterranee sono stati contaminati da scarichi inquinanti. Il dossier di Legambiente dal titolo “H2O – la chimica che inquina l’acqua” fa il punto sulle sostanze inquinanti immesse nei corpi idrici, con numeri, dati e un focus dedicato alle sostanze emergenti: tra queste fitofarmaci, farmaci a uso umano e veterinario, pesticidi di nuova generazione, microplastiche. Sono 46 le storie raccolte a testimonianza della contaminazione.

 

In Italia circa il 60% dei fiumi e dei laghi non è in buono stato e molti di quelli che lo sono non vengono protetti adeguatamente. Su dati del registro E-PRTR (European Pollutant Release and Transfer Register), l’associazione ambientalista calcola inoltre che dal 2007 al 2017 gli impianti industriali abbiano immesso, secondo le dichiarazioni fornite dalle stesse aziende, ben 5.622 tonnellate di sostanze chimiche nei corpi idrici.

L’associazione ricorda che la corretta gestione e la cura della risorsa idrica devono essere una priorità del Paese insieme alle bonifiche e al rafforzamento della Direttiva Quadro Acque per mantenere gli obiettivi, senza nuovi slittamenti e sotto la revisione degli Stati membri. E lancia un appello al Governo, affinché una parte considerevole dei mille miliardi di euro stanziati dall’Ue per le politiche ambientali e climatiche finanzi il Green New Deal italiano per favorire il recupero dei ritardi infrastrutturali, l’adeguamento ed efficientamento degli impianti di depurazione e della rete fognaria e acquedottistica, gli interventi di riduzione del rischio idrogeologico.

L’obiettivo, in questa Fase 2 che vede ripartire la gran parte delle attività, è imporre una ripartenza diversa.

A cominciare delle industrie che continuano a perseguire metodi e attività incompatibili con la tutela dell’ambiente e delle risorse idriche in particolare, come dimostrano casi ancora aperti quali gli sversamenti illeciti nel fiume Sarno, in Campania, il più inquinato d’Europa, o quello del bacino padano, area di maggiore utilizzo europeo di antibiotici negli allevamenti, i cui residui si ritrovano nelle acque.

La riapertura delle attività produttive – commenta Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambienteci ha restituito in diverse situazioni anche la riattivazione di scarichi inquinanti nelle acque. Un fenomeno che ha un impatto notevole su corpi idrici in molti casi già compromessi da decenni di inquinamento e oggi minacciati anche dalla presenza dei nuovi ‘contaminanti emergenti’, un rischio per la salute, oltre che per l’ambiente. Di certo non può essere il lockdown la misura per restituirci acque limpide, ma ora che abbiamo tutti visto come sia possibile ritornare ad avere fiumi e laghi puliti, occorre puntare sulle giuste politiche e misure a livello nazionale fin da questa fase di ripartenza“.

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