Fare luce sulla grande variabilità della composizione degli integratori alimentari botanici contenenti derivati idrossiantracenici, chiamati HAD, è il fine di una ricerca condotta dalla Mass Spectrometry Unit di TLS.
Pubblicato sulla rivista Frontiers in Plant Science, questo nuovo studio intitolato “Hydroxyanthracene derivates citotoxicity: A differential evaluation between single molecule and whole plant extract” è stato realizzato in collaborazione con Materia Medica Processing e Linneus Consulting.
Il progetto di ricerca
Gli HAD sono un gruppo di composti naturali con un’ampia gamma di attività biologiche (ad esempio antinfiammatorie, antibatteriche e antiartritiche), e vengono spesso impiegati nella produzione di integratori alimentari per aiutare le normali funzioni intestinali. Tuttavia, secondo l’European Food Safety Authority (EFSA), i prodotti contenenti HAD possono presentare dei rischi legati alla presenza di particolari molecole, come ad esempio emodina, aloe-emodina e reina.
I ricercatori del team della Mass Spectrometry Unit della Fondazione Toscana Life Sciences hanno quindi portato avanti un progetto per confrontare l’azione dei tre composti presi singolarmente e quella degli stessi in presenza del fitocomplesso, definito come l’insieme di tutte le molecole presenti nella pianta. Poiché i rischi evidenziati da EFSA riguardano soprattutto la possibilità di insorgenza di carcinomi del colon, per affrontare questo progetto sono stati effettuati esperimenti utilizzando cellule intestinali umane.
Proteomica e bioinformatica
Il team della MSU ha messo a sistema le proprie competenze per caratterizzare l’intricato pattern molecolare del fitocomplesso al fine di monitorare il comportamento delle cellule in seguito al trattamento, e per identificare il patrimonio proteico delle stesse e i processi biologici alterati in risposta alla somministrazione delle singole molecole o del fitocomplesso. In particolare, la caratterizzazione del fitocomplesso e lo studio dell’insieme delle proteine delle cellule (detto proteomica) sono stati resi possibili grazie all’impiego di innovativi spettrometri di massa in dotazione alla Fondazione e all’elaborazione bioinformatica dei dati.
Gli esperimenti sulle cellule intestinali hanno mostrato un grado di tossicità più elevato nel caso di esposizione alle singole molecole rispetto a quella al fitocomplesso. Questo progetto ha aperto la strada a una nuova strategia di indagine per fornire evidenze scientifiche a supporto di problematiche di tipo regolatorio in ambito botanicals.
“Siamo particolarmente orgogliose di questo studio e di questa pubblicazione perché rappresentano un approccio innovativo nell’ambito dei fitoterapici” – spiega Laura Salvini, coautrice dello studio e coordinatrice della MSU.
“Un altro aspetto che rende il nostro lavoro una novità nel mondo botanicals è l’applicazione di metodiche bioinformatiche e biostatistiche che consentono di raccogliere e analizzare una grande mole di dati ottenuti da matrici vegetali. Tale elaborazione risulta essere un processo non banale in quanto i database e tool bioinformatici specifici, in questo ambito, sono ancora in una fase di studio e sviluppo” – aggiunge Vittoria Cicaloni, ricercatrice della MSU di TLS e coautrice del paper.
“Ultimo, ma non meno importante aspetto, è che questo studio ci ha dato la possibilità di confrontarci con enti regolatori europei come l’EFSA, autorità deputata alla sicurezza della filiera alimentare che è in continua e costante evoluzione, presso la quale è stato depositato un dossier tecnico scientifico con i risultati raggiunti in questo progetto” – conclude Laura Tinti, ricercatrice della MSU e autrice della pubblicazione.