I nanorisonatori: bilance infinitesime che “pesano” e riconoscono le molecole per uso medico e non solo

23 Settembre 2019
nanorisonatori

L’identificazione delle molecole diventa più rapida e precisa grazie al “weak-coupling”, l’effetto di risonanza che è al centro della ricerca del NaMeS group al Politecnico di Torino, pubblicata su Nature Communications

 

Large-scale parallelization of nanomechanical mass spectrometry with weakly-coupled resonators” è il titolo della ricerca che è stata pubblicata su Nature Communications: la ricerca è di Stefano Stassi e Carlo Ricciardi, ricercatore e docente del Dipartimento di Scienza Applicata e Tecnologia del Politecnico di Torino, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia e l’Università di Melbourne.

Lo studio affronta il problema dell’identificazione delle molecole: ad oggi la metodologia più utilizzata è la spettrometria di massa, in uso ad esempio negli aeroporti per la rilevazione di sostanze stupefacenti o per le analisi di contaminanti chimici. La tecnica, analizzando un campione, mette in movimento e “spacchetta” le molecole atomo ad atomo per il riconoscimento. Tecnica che però presenta alcuni limiti quando applicata alle analisi del sangue: in primo luogo l’identificazione delle biomolecole, che essendo più grandi e più pesanti, oltre a “far fatica” a muoversi, una volta divise perdono la loro funzionalità biologica; e in secondo luogo la grandezza e la velocità di elaborazione degli strumenti che non possono essere “portatili” e a basso costo.

La ricerca dimostra che i nanorisonatori possono essere un’alternativa più veloce e ad ampio spettro: si tratta di minuscole travi di silicio che vibrano a una propria frequenza, frequenza che, entrando in contatto con una determinata molecola che viene “pesata” come fosse su una bilancia, subisce una variazione. Grazie a questa variazione, che è diversa da molecola a molecola ed è tanto più ampia quanto più piccolo è il risonatore-bilancia, si può effettuare una identificazione diretta, senza necessità di “spacchettare” la molecola. Un processo che da oggi può essere moltiplicato: si possono predisporre schiere di nanobilance che in contemporanea entrino in contatto con diverse particelle. Ed è qui il fulcro della ricerca: il “weak-coupling”, o “accoppiamento debole”, è l’effetto di interferenza tra risonanze che rende possibile recuperare i dati di centinaia di nanobilance, in modo molto veloce, misurando un unico e solo nanorisonatore. Infatti, durante il processo di “pesatura”, ogni nanobilancia – che cambia la sua frequenza in contatto con la molecola – interferisce anche con gli altri nanorisonatori della fila, creando delle piccole interferenze nello spettro di risonanza, il weak-coupling appunto. Disturbi di frequenza che sono stati trasformati in vantaggi: analizzandoli è possibile identificare e quantificare tutte le altre molecole senza misurare direttamente tutti i nanorisonatori della fila, ma ricavando le informazioni da un’unica misurazione.

Siamo molto soddisfatti perché questa ricerca potrà avere impatto sia nella ricerca fondamentale che nella vita di tutti i giorni – dichiara Carlo Ricciardi – Da un lato infatti la trattazione fisico-matematica completa permetterà di studiare il fenomeno di weak-coupling in campi diversissimi come l’ottica, l’acustica, le telecomunicazioni, e così via. Dall’altro, i nanorisonatori meccanici potranno rendere portatile la spettrometria di massa di biomarcatori medici, consentendo analisi più precise, diagnosi precoci e terapie personalizzate”.

 

Fonte: Politecnico di Torino

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