In uno studio appena pubblicato su Communications biology, una rivista del gruppo Nature, un team di ricercatori coordinato dal Prof. Simone Tosi dell’Università di Torino, ha svolto un ampio esperimento internazionale su più sottospecie di api per valutare gli effetti a breve e lungo termine di un pesticida di nuova generazione, il flupyradifurone.
La ricerca dimostra come questo pesticida, definito “sicuro per le api”, comprometta la sopravvivenza e il comportamento delle api anche a livelli di contaminazione bassi.
L’aumento dell’uso di pesticidi è una delle principali cause della riduzione della salute delle api, della biodiversità degli insetti e minaccia l’impollinazione negli ecosistemi naturali e agricoli.
Per affrontare questo problema, un team di ricerca internazionale ha quindi valutato gli effetti a lungo termine di un nuovo pesticida, il flupyradifurone, che viene commercializzato come relativamente “sicuro per le api”.
Il team di ricercatori coordinato dal Prof. Simone Tosi del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari (DISAFA) dell’Università di Torino, ha sviluppato e proposto un nuovo metodo per la valutazione del rischio che riduce la sottovalutazione dei rischi a lungo termine dei pesticidi, garantendo una maggiore protezione per gli insetti impollinatori.
Sette laboratori situati in sei Paesi in Europa e Nord America hanno partecipato all’esperimento utilizzando lo stesso protocollo e hanno esposto più sottospecie di api da miele a vari livelli di contaminazione da flupyradifurone per ottenere informazioni sugli effetti letali e comportamentali. I risultati della ricerca mostrano come l’esposizione a lungo termine a questo pesticida possa aumentare la mortalità delle api. Anche livelli bassi di flupyradifurone (101 volte inferiori a quelli rilevati in precedenti studi di più breve durata) compromettono la sopravvivenza e il comportamento delle api. A tali livelli, questo pesticida aumenta il numero di api con comportamenti anormali, quali la perdita di coordinazione e l’iperattività.
Tra i pesticidi, i neonicotinoidi sono tra quelli che hanno ricevuto maggiore attenzione recentemente. Utilizzati a livello globale dagli anni ’90, ora affrontano sfide normative a causa dei loro effetti dannosi sulle api. Anche i parassiti che i neonicotinoidi dovrebbero combattere stanno sviluppando una resistenza, rendendo meno efficaci questi trattamenti chimici. Di conseguenza, nuove generazioni di insetticidi stanno entrando nel mercato. Il flupyradifurone (il principio attivo di Sivanto®) è un insetticida neurotossico sistemico di nuova generazione, registrato per la prima volta nel 2014, che può essere utilizzato per controllare una varietà di parassiti su più colture. Il flupyradifurone può essere utilizzato su colture in fiore anche quando sono visitate dalle api.
Tuttavia, gli studi che hanno valutato la sua sicurezza per gli impollinatori si sono focalizzati sui potenziali impatti letali e a breve termine. Le api possono però essere esposte ai pesticidi che contaminano sia il polline che il miele per lunghi periodi di tempo, anche vari mesi. Inoltre c’è da considerare che, anche se le api non muoiono immediatamente, l’esposizione a tali pesticidi può causare alterazioni comportamentali che riducono la vita e la salute degli individui e dell’intera famiglia di api. Le ramificazioni degli effetti ambientali di molti dei pesticidi più comunemente impiegati al mondo possono quindi essere gravemente sottovalutate.
Secondo il Prof. Simone Tosi, “questa ricerca rappresenta un modello per studi futuri perché coordina gli esperimenti sugli effetti dei pesticidi e sulla valutazione del rischio coinvolgendo attivamente vari Paesi e continenti. Questo è un passo particolarmente importante perché, attualmente, i processi di approvazione dei pesticidi variano da Paese a Paese. Lo studio propone valutazioni innovative sulla tossicità dei pesticidi nelle api e in altri insetti. Per salvaguardare le api e il nostro ambiente, gli effetti letali e comportamentali a lungo termine dovrebbero essere regolarmente valutati, proprio perché i nostri risultati sollevano preoccupazioni sull’impatto cronico dei pesticidi sulla salute degli impollinatori su scala globale”.