Distinguere le microplastiche dal microplankton o dalle microalghe, farlo in tempi brevi e su un numero statisticamente rilevante di campioni. Questa era la sfida dell’Isasi-Cnr, vinta grazie all’olografia e all’intelligenza artificiale.
Uno studio condotto dai ricercatori dell’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti del Cnr (Isasi-Cnr) ha individuato un nuovo metodo in grado di distinguere le microplastiche dal microplankton o dalle microalghe all’interno dei campioni marini. Usando l’intelligenza artificiale e un sensore olografico, il metodo proposto dal Cnr permette di acquisire informazioni dagli elementi analizzati grazie all’uso di un microscopio olografico, che fornisce un’ampia e inedita gamma di parametri altamente distintivi che caratterizzano le microplastiche.
In questo modo, le informazioni acquisite permettono di “addestrare” un sistema di intelligenza artificiale, che potrà così distinguere il materiale inquinante dagli altri materiali naturali, le cui dimensioni e le cui forme sono molto simili a quelle delle microplastiche.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica Advanced Intelligent Systems, e ha coinvolto due gruppi del Consiglio nazionale delle ricerche: il gruppo di Olografia digitale di Pozzuoli e il gruppo di Intelligenza artificiale di Lecce. Le ricerche sono state finanziate dal progetto interdisciplinare Pon (Programma operativo nazionale) “Sistemi di rilevamento dell’inquinamento marino da plastiche e successivo recupero-riciclo (Sirimap)”, uno dei cui obiettivi è proprio lo sviluppo di tecniche automatiche di monitoraggio delle plastiche nel mare.
L’inquinamento dei mari dovuto alla plastica e alle microplastiche è una delle maggiori emergenze ambientali che ci troviamo ad affrontare. L’Italia, date anche le sue caratteristiche geografiche, detiene inoltre un triste primato: più del 70% dei rifiuti marini del Mediterraneo è depositato nei fondali italiani e il 77% è costituito da plastica. Quando i materiali inquinanti hanno dimensioni microscopiche, il problema diventa ancora più serio, poiché è molto complicato riconoscerli e recuperarli. Per di più, questo fa sì che le microplastiche entrino più facilmente in contatto con gli animali marini: possono diventare “cibo”, trappole e veicolo di malattie, interferendo con la vita acquatica a più livelli. Uno studio condotto recentemente dai ricercatori dell’Ispra nel mar Mediterraneo, ad esempio, ha individuato microplastiche in 50.000 esemplari di 116 diverse specie marine. Di queste, il 59% è rappresentato da pesci ossei ed il restante 41% è costituito da altri animali marini come mammiferi, crostacei, molluschi, meduse, tartarughe, uccelli.
Per tale ragione, Pierluigi Carcagnì, ricercatore dell’Isasi-Cnr, spiega come “l’unione di olografia digitale e intelligenza artificiale ha consentito di riconoscere decine di migliaia di oggetti appartenenti a diverse classi con accuratezza superiore al 99%. Più in dettaglio, la segnatura di contrasto di fase, che dipende dallo spessore ottico di ciascun oggetto illuminato, consente di determinare un nuovo insieme di caratteristiche olografiche, come ad esempio la support fractality [vale a dire la capacità di un materiale di ripetere la stessa forma a prescindere dalla scala, sia essa macro o microscopica], che si aggiungono a quelle tipicamente utilizzate nelle classificazioni. Ciò ha consentito di definire un marcatore ottico, ovvero un insieme di parametri morfologici univoci per un’ampia classe di microplastiche, che include materiali, forme e dimensioni vari”.
Finora, l’individuazione delle microplastiche ha richiesto lunghi controlli di ogni singolo oggetto, riducendo inevitabilmente il numero di elementi analizzabili. Il nuovo metodo, invece, fornisce uno strumento di analisi di un numero statisticamente rilevante di campioni, fino a centinaia di migliaia di oggetti l’ora.