Le microplastiche invadono anche il corpo umano

27 Agosto 2020
Microplastiche

Uno studio americano sulle microplastiche ha analizzato campioni di organi e tessuti umani. Scoprendo presenza diffusa di materiale plastico

 

Non solo acqua, aria, suolo e pesci: le microplastiche e nanoplastiche invadono anche il corpo umano, finendo per accumularsi in organi come polmoni, fegato, reni e milza. Lo hanno scoperto i ricercatori dell’Università dell’Arizona, analizzando decine di campioni di tessuti umani. I risultati, presentati al convegno virtuale della Società americana di chimica (Acs), sollevano nuovi interrogativi sulle conseguenze per la salute di questo fenomeno ancora tutto da decifrare.

 

Non vogliamo essere allarmisti, ma è preoccupante che questi materiali non biodegradabili presenti ovunque possano entrare e accumularsi nei tessuti umani, e non sappiamo con quali possibili effetti sulla salute“, afferma il ricercatore Varun Kelkar. Il suo gruppo ha valutato la presenza di microplastiche (inferiori ai 5 millimetri) e nanoplastiche (inferiori a 0,001 millimetri) in 47 biopsie conservate in una grande banca di tessuti insieme alle cartelle cliniche dei pazienti per studiare le malattie neurodegenerative come l’Alzheimer.

I campioni studiati provengono da polmoni, fegato, milza e reni, ovvero gli organi che dovrebbero essere maggiormente esposti alle microplastiche o che possono filtrarle o accumularle. In effetti tutti i campioni sono risultati contaminati: oltre al famoso bisfenolo A, un interferente endocrino ancora presente in alcuni vecchi contenitori per alimenti, sono state trovate tracce di dozzine di altri componenti plastici, inclusi policarbonato (Pc), polietilene (Pe) e polietilene tereftalato (Pet).

Oltre ad aver sviluppato una nuova procedura per estrarre le plastiche dai tessuti e analizzarle con la spettrometria, i ricercatori hanno creato anche un programma che permette al computer di convertire il conto delle microplastiche in massa e area di superficie: lo strumento sarà presto condiviso online con la comunità scientifica per consentire anche ad altri ricercatori di riportare i risultati delle loro analisi in maniera standardizzata e più facilmente confrontabile.

 

 

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