I prodotti oltre i limiti di legge sono pochi ma sono moltissimi quelli che evidenziano comunque la presenza di insetticidi e/o funghicide
È uscito il rapporto di Legambiente redatto in collaborazione con Alce Nero, sulla presenza di pesticidi negli alimenti. La situazione generale risulta stagnante con solo il 52% dei campioni privo di residui.
I pesticidi più diffusi riscontrati negli alimenti sono: Boscalid, Dimethomorph, Fludioxonil, Acetamiprid, Pyraclostrobin, Tebuconazole, Azoxystrobin, Metalaxyl, Methoxyfenozide, Chlorpyrifos, Imidacloprid, Pirimiphos-methyl e Metrafenone. Si tratta per la maggior parte di fungicidi e insetticidi utilizzati in agricoltura che arrivano sulle nostre tavole e che, giorno dopo giorno, mettono a repentaglio la salute dell’ambiente. I consumatori chiedono da tempo prodotti più sani e sostenibili, ma il business dell’agricoltura intensiva sembra non voler cedere il passo.
Pomodori, peperoni, carote, ma soprattutto uva, pere e pesche. Su circa seimila campioni di alimenti di origine vegetale e di prodotti derivati da apicoltura, quasi la metà contiene residui di pesticidi, percentuale che supera il 70% nel caso della frutta. Nonostante i campioni irregolari in tutti i prodotti fatti analizzare siano appena l’1,2%, quelli senza alcun residuo di pesticidi non sono soltanto il 52%. Il restante 46,8%, invece, pur risultando entro i limiti di legge e dunque tecnicamente in regola, contiene uno o più residui. Questi i risultati presentati nel dossier ‘Stop ai pesticidi’ elaborato da Legambiente e raccolti nel 2019 nei laboratori pubblici italiani accreditati per il controllo ufficiale dei residui di prodotti fitosanitari negli alimenti.
Per garantire elevati standard di qualità nella produzione agricola e al contempo proteggere le piante dagli attacchi di insetti e dal possibile sviluppo di malattie biotiche, l’impiego in agricoltura di pesticidi – uccisore di pests, parassiti delle piante – è largamente diffuso, nonostante oggi sia possibile ricorrere a tecniche di intervento o prevenzione alternative, come ad esempio l’applicazione di corrette pratiche di gestione agronomica.
La quantità di residui derivanti dall’impiego dei prodotti fitosanitari in agricoltura, che i laboratori pubblici regionali hanno rintracciato in campioni di ortofrutta e prodotti trasformati, resta elevata. Ma il problema vero è il multiresiduo, che la legislazione europea non considera come non conforme se ogni singolo livello di residuo non supera il limite massimo consentito, benché sia noto da anni che le interazioni di più e diversi principi attivi tra loro possano provocare effetti additivi o addirittura sinergici a scapito dell’organismo umano.