Nel dossier sono stati analizzati 6085 campioni di alimenti di origine vegetale e animale provenienti da agricoltura biologica e convenzionale. Servono leggi nazionali per combattere il multiresiduo.
“Stop pesticidi nel piatto” è il rapporto annuale che Legambiente elabora in collaborazione con Alce Nero per fare il punto sulla presenza di fitofarmaci negli alimenti che ogni giorno arrivano sulle nostre tavole. Il testo raccoglie l’elaborazione dei dati forniti dalle Regioni e dagli Enti preposti, associati a contributi di carattere scientifico a cura di personalità impegnate nella tutela della biodiversità, nel contrasto alle agromafie e nella promozione di buone pratiche agronomiche.
L’analisi evidenzia che:
- il 59,18% degli alimenti è risultato regolare e privo di residui
- nel 39,21% dei campioni sono state rilevate tracce di uno o più residui di fitofarmaci, con una percentuale di monoresiduo pari al 15,67%, contro un multiresiduo del 23,54%
- la categoria più colpita dalla presenza di residui è risultata la frutta, arrivando a quota 67,96% di campioni con uno o più residui, un dato in lieve calo all’anno precedente. Le tipologie più colpite dalla presenza di fitofarmaci sono risultate essere, in ordine decrescente: pere (84,97%), pesche (83,00%), mele (80,67%). Nella frutta esotica (banane, kiwi e mango) è stata riscontrata la percentuale più alta di irregolarità, pari al 7,41%. Dato nettamente superiore alle altre tipologie di alimenti
- nella verdura i campioni privi di residui sono risultati il 68,55%, con una percentuale di irregolarità del 1,47%. Gli alimenti più colpiti dalla presenza di residui sono stati: peperoni (53,85%), insalate e pomodori (entrambi a quota 53,14%), ortaggi da foglia (38,12%). Proprio negli ortaggi da foglia (spinaci, bietole e cavoli) è registrata la più alta percentuale di irregolarità (4,46%)
- tra gli alimenti trasformati si evidenzia invece una percentuale estremamente bassa di irregolarità, pari allo 0,67%, mentre la percentuale di alimenti con uno o più residui è del 36,22%. I trasformati con la più alta percentuale di residui sono risultati essere i cereali integrali trasformati (farine e pasta integrali) con il 71,21%, seguiti dal vino con il 50,85% di campioni aventi tracce rilevabili di fitofarmaci
- negli alimenti di origine animale è degno di nota il fatto che, dei 921 campioni analizzati, la quasi totalità (88,17%) è risultata priva di residui
Nei prodotti biologici, rintracciati residui solo nell’1,38% dei campioni, una contaminazione probabilmente dovuta al cosiddetto “effetto deriva” determinato dalla vicinanza ad aree coltivate con i metodi dell’agricoltura convenzionale. Tra i pesticidi più presenti si segnalano (in ordine decrescente): Acetamiprid, Fludioxonil, Boscalid, Dimethomorph. Da segnalare la presenza di residui di neonicotinoidi non più ammessi come Thiacloprid in campioni di pesca, pompelmo, ribes nero, semi di cumino e tè verde in polvere; Imidacloprid in un campione di arancia, due campioni di limoni, tre campioni di ocra; Thiamethoxam in un campione di caffè.
Legambiente esprime forte preoccupazione per la mancata approvazione del SUR, dispositivo emanato dalla Commissione europea che regola e limita l’utilizzo di fitofarmaci, e riguardo all’urgenza di adottare in Italia il nuovo PAN (Piano d’Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari) la cui ultima stesura risale al 2014. Una legge appare come l’unica soluzione per fare da argine al multiresiduo, all’utilizzo di fitofarmaci e ai conseguenti effetti del “cocktail di fitofarmaci”.
È necessario ridurre le emissioni – Il settore agricolo è responsabile del 20% delle emissioni globali dell’intero comparto; i 2/3 dipendono dalla zootecnia e l’obiettivo deve essere quello di ridurle, scoraggiando la produzione intensiva, valorizzando e sostenendo concretamente le già numerose aziende virtuose, grazie a buone pratiche agronomiche che garantiscano la conservazione della biodiversità.
Il dossier di Legambiente “Stop ai pesticidi nel piatto 2023” è consultabile qui