Long Covid, a causarlo potrebbero essere i coaguli di sangue nel cervello e nei polmoni

13 Settembre 2023
long covid

La ricerca britannica ha coinvolto 1.837 persone ricoverate in ospedale a causa del Covid-19 e attribuisce la responsabilità dell’annebbiamento cerebrale a livelli più elevati della proteina fibrinogeno e del frammento proteico D-dimero.

 

La presenza di coaguli di sangue nel cervello o nei polmoni potrebbe spiegare alcuni sintomi comuni del long Covid, tra cui l’offuscamento, la confusione cerebrale e la stanchezza. Lo riporta lo studio britannico, dal titolo “Acute blood biomarker profiles predict cognitive deficits 6 and 12 months after Covid-19 hospitalization”, realizzato dalle Università di Oxford e Leicester.

I risultati della ricerca sono stati pubblicati su “Nature Medicine”.

 

Molte persone affette da long Covid – condizione nella quale i pazienti continuano ad avere problemi di salute mesi dopo l’infezione – sostengono di dover affrontare talvolta una sorta di “nebbia mentale”, vuoti di memoria e di concentrazione che rendono difficile la vita quotidiana.

La ricerca ha coinvolto 1.837 persone ricoverate in ospedale a causa del Covid-19 e attribuisce la responsabilità dell’annebbiamento cerebrale a livelli più elevati della proteina fibrinogeno e del frammento proteico D-dimero: entrambi sono coinvolti nella coagulazione del sangue e quindi i risultati supportano l’ipotesi che i coaguli di sangue siano una causa dei problemi cognitivi post-Covid. Secondo quanto emerso, il fibrinogeno potrebbe agire direttamente sul cervello e sui suoi vasi sanguigni, mentre il D-dimero spesso riflette i coaguli di sangue nei polmoni e i problemi nel cervello potrebbero essere dovuti, proprio, alla mancanza di ossigeno.  I soggetti con livelli elevati di D-dimero, inoltre, lamentavano estrema stanchezza e mancanza di fiato e tendevano ad avere difficoltà nel mantenere un lavoro stabile.

L’obiettivo finale della ricerca è quello di essere in grado di prevenire e invertire i problemi cognitivi osservati in alcune persone dopo l’infezione da Covid-19. Sebbene i nostri risultati rappresentino un progresso significativo nella comprensione della base di questi sintomi, sono necessarie ulteriori ricerche sulle cause e sugli effetti prima di proporre e testare gli interventi.

 

 

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