In un panorama eterogeneo di normative, la misura dell’odore e della caratterizzazione delle sostanze odorigene richiede metodi e sistemi di analisi specifici a seconda dei parametri da quantificare.
Principalmente legate ad attività agricole e industriali le emissioni odorigene rappresentano un problema che, nonostante coinvolga molte persone, è stato oggetto di un intervento normativo solo di recente. È stato il Governo ad introdurre nel D.Lgs. 152/2006 una disposizione dedicata alle emissioni odorigene – presente nella Parte V.
Tale disposizione rappresenta soltanto uno dei molti aggiornamenti in materia di emissioni in atmosfera, che hanno introdotto ad opera del D.Lgs 183/217 il provvedimento attuativo delle coordinate e dei principi contenuti nella direttiva 2015/2193, relativa alla limitazione delle emissioni di alcune sostanze inquinanti originate da impianti di combustione di media grandezza, indipendentemente dal tipo di combustibile utilizzato. Questa direttiva stabilisce norme per il controllo delle emissioni nell’aria di biossido di zolfo (SO2), ossidi di azoto (NOx) e polveri da impianti di combustione medi, e la necessità di monitorare le emissioni di monossido di carbonio.
Le emissioni odorigene sono dunque considerate potenziale inquinamento ambientale, soprattutto in relazione a determinate tipologie di attività agricole o industriali (impianti di trattamento rifiuti, lavorazione fanghi di depurazione, oleifici, ecc). La norma prevede un’ammenda fino a 10.000€ o l’arresto fino ad un anno, nei confronti di chi, nell’esercizio di uno stabilimento, viola i valori limite di emissione stabiliti in sede di autorizzazione. Alcuni esempi di misure di prevenzione e limitazione per le emissioni odorigene sono:
- valori limite, espressi in concentrazione volumetrica (come quantità su un volume, espresse in OUE/m3 o in mg/Nm3)
- portate massime o concentrazioni massime da definire in sede di autorizzazione (quantità su tempo, espresse in OUE/s)
- procedure per definire in ambito autorizzatorio criteri localizzativi in funzione della presenza di ricettori sensibili intorno allo stabilimento
- eventuali piani di contenimento per le emissioni
Il nuovo art. 272-bis introduce inoltre il tema delle emissioni moleste senza fissare limiti emissivi, ma consentendo agli Enti e agli apparati regionali di stabilire valori limite in fase di autorizzazioni, procedure e criteri di contenimento e localizzazione. In un panorama eterogeneo di normative regionali, per il perseguimento del processo di armonizzazione su scala nazionale della normativa sulle emissioni odorigene avviato con l’entrata in vigore dell’art. 272 bis, il Consiglio nazionale del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), nella seduta del 3 ottobre 2018, ha adottato la Delibera n. 38/2018 di approvazione del documento Metodologie per la valutazione delle emissioni odorigene – Documento di sintesi , per fornire agli Enti di Controllo informazioni per la scelta degli approcci adeguati ad effettuare un’azione di prevenzione, controllo e valutazione delle emissioni odorigene.
La molestia olfattiva può essere definita come la presenza di un ‘odore’ che altera lo stato di benessere di una persona e, nei casi più gravi, può causare malessere e disturbi. Tale definizione è associata all’idoneità a produrre effetti negativi a seguito di un’esposizione per un periodo tipicamente esteso e ripetuto nel tempo. Per questi motivi, gli effetti negativi generati dall’esposizione ad un’emissione odorigena considerata come molesta va ricollegata ai seguenti fattori:
- la sorgente emissiva attraverso cui l’emissione odorigena viene introdotta nell’atmosfera
- il percorso di dispersione o di diluizione dell’emissione odorigena nell’atmosfera, proporzionale alla distanza rispetto al recettore
- la presenza di recettori che manifestino gli effetti negativi dell’esposizione odorigena
- la persistenza con cui l’odore è percepito nel tempo al recettore
LabAnalysis Group svolge un’attività di misura dell’odore e di caratterizzazione delle sostanze odorigene utilizzando l’olfattometria dinamica, secondo la norma UNI EN 13725, attraverso strumenti ad alta sensibilità e l’utilizzo di panel di rinoanalisti. La metodica è applicabile per la determinazione della concentrazione di odore di campioni ottenuti da matrici come flussi gassosi convogliati (camini) da sorgenti areali come biofiltri, vasche di depurazione o cumuli e da matrici come aria ambiente ed ambienti di lavoro.
La caratterizzazione chimica delle sostanze odorigene (prevista da diversi decreti, come la L.R. Puglia n.23 del 16/04/2015) viene effettuata mediante il campionamento della matrice sottoposta a caratterizzazione (aria, emissione in atmosfera, emissione da biofiltro, ecc) con supporti specifici come canister, bag e fiale. In funzione dei parametri odorigeni e/o delle famiglie di parametri da quantificare sono previsti specifici metodi analitici e sistemi di analisi tra i quali si possono annoverare quelli basati su principi gascromatografici con spettrometria di massa abbinati al desorbimento termico, come previsto dalla norma EPA TO15 ed EPA TO17. La versatilità del campionamento mediante canister consente di variare la durata del monitoraggio da 30 minuti a 48 ore.
L’impatto delle emissioni in atmosfera viene determinato tramite l’applicazione di un modello di dispersione atmosferica: il CALPUFF, realizzato da Earth Tech Inc. per conto della California Air Resources Board (CARB) e dell’U.S. Environmental Protection Agency (US EPA).