Nanoplastiche nei mari e nei fiumi, Università di Bolzano e IIT inventano un sensore per rilevarle e sapere dove ripulire

27 Dicembre 2024
nanoplastiche di polistirene Uni BZ

Il nuovo approccio potrebbe rivoluzionare il monitoraggio dell’inquinamento da nanoplastiche, rendendo la rilevazione più rapida e diffusa nei sistemi acquatici.

 

La Facoltà di Ingegneria della Libera Università di Bolzano, in collaborazione con l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, ha creato dei sensori innovativi, veloci e facili da usare per scovare le nanoplastiche negli ambienti acquatici, a partire dal mare.

Un “ghostbuster” della plastica invisibile nell’acqua, che promette di aiutare a trovare tutte le micro particelle, spesso contaminate da agenti come il mercurio, che sempre di più popolano e inquinano i nostri corsi d’acqua, con lo scopo di intervenire poi per depurarli. Un obiettivo ambizioso quanto essenziale visto che, per dirla con il World Economic Forum, “nel 2050 ci sarà più plastica che pesci nei mari e negli oceani del mondo”.

La ricerca è stata pubblicata sulla rivista ACS Applied Materials & Interfaces e nasce da un’intuizione di un team di ricercatori della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bolzano, guidata dal Prof. Andrea Gasparella: la giovane biotecnologa, Giulia Elli, 29 anni, e i professori del Sensing Technologies Lab, Paolo Lugli e Luisa Petti.

La ricerca – Le nanoplastiche costituiscono una seria minaccia per gli ecosistemi acquatici e gli organismi che vi abitano, a causa della loro capacità di interagire con altri contaminanti. La loro rilevazione richiede ancora tecniche complesse e costose, come la spettroscopia (ovvero lo studio di uno spettro elettromagnetico), che limitano l’efficacia del monitoraggio ambientale. Da questo assunto è partita la ricerca della Libera Università di Bolzano e dello Smart Materials Lab dell’Istituto Italiano di Tecnologia, che propone un sensore innovativo e facile da usare, basato su un transistor a effetto di campo con nanotubi di carbonio, per identificare le nanoplastiche nell’acqua.

Il dispositivo sfrutta le interazioni non covalenti tra i nanotubi di carbonio e le nanoplastiche di polistirene, offrendo un metodo più accessibile per rilevare queste particelle pericolose. Quando sono presenti, le nanoplastiche di polistirene, infatti, possono interagire con i nanotubi di carbonio presenti sulla superficie del sensore, inducendo un aumento della corrente generata: maggiore è la concentrazione di nanoplastiche di polistirene, maggiore sarà la corrente prodotta. Questo sistema è particolarmente interessante poiché i sensori sono estremamente piccoli e consentono di rilevare questi contaminanti in modo rapido, facile e conveniente.

La ricerca è stata svolta al momento in laboratorio, riproducendo le caratteristiche dell’acqua di mare, di fiume e di lago, per studiare il comportamento e l’efficacia dei sensori in ambienti salmastri e marini. Il lavoro sta proseguendo ora in Francia con L’Université Paris Cité e sta studiando la selettività dei sensori, che in futuro saranno in grado anche di identificare di quale tipo di nanoplastiche sia inquinata una zona di corso d’acqua. Il passo successivo sarà poterli utilizzare fuori dal laboratorio, direttamente a bordo di imbarcazioni, per fare rilevazioni in natura e campionare corsi d’acqua o sezioni di mare.

Questo nuovo approccio potrebbe rivoluzionare il monitoraggio dell’inquinamento da nanoplastiche, rendendo la rilevazione più rapida e diffusa nei sistemi acquatici. Un’urgenza sempre più impellente, visto che le plastiche in mare stanno aumentando, la valutazione dell’inquinamento marino da nanoplastiche è relativamente recente e vaste aree di mare rimangono ancora scarsamente esplorate.

“Una nanoplastica alla volta – commenta la ricercatrice Giulia Ellipossiamo tutti sconfiggere l’inquinamento. Anche se le nostre azioni ci sembrano piccole come microparticelle, ognuna di esse può migliorare il nostro pianeta.

“Studiare materie ingegneristiche non significa solo progettare il futuro – sottolinea la professoressa Luisa Pettima anche proteggerlo: i sensori sviluppati a Bolzano dimostrano come l’innovazione possa diventare un’arma essenziale per combattere l’inquinamento invisibile e salvaguardare il nostro Pianeta”.

​​Il professore Paolo Lugli aggiunge: “La ricerca, condotta assieme a uno dei migliori centri di ricerca a livello mondiale, l’IIT di Genova, conferma il nostro impegno a sviluppare tecnologie a basso costo che aiutino nella salvaguardia dell’ambiente e della salute delle persone. Caratteristiche che si riflettono anche nella nostra offerta formativa nel campo dell’ingegneria dell’informazione”.

 

foto: il gruppo di ricercatori della Facoltà di Ingegneria di Uni BZ

Scheda azienda

© Riproduzione riservata

ARTICOLI CORRELATI

Bythos università di palermo

Bythos, il progetto dell'Università di Palermo che valorizza la biomassa da scarti ittici

Premiato per la riduzione degli sprechi delle risorse naturali, il progetto dell'UniPa sfrutta i sottoprodotti dell'industria di trasformazione del pesce...

qualità dell'aria in italia Snpa 2024

L'informativa annuale di SNPA sulla qualità dell'aria in Italia nel 2024

Trend di riduzione per particolato PM2,5 e biossido di azoto, sempre critici l’ozono in estate e il PM10 giornaliero. Nuovi...

simbolo del riciclo università di trento

La leva delle emozioni per riciclare di più e meglio

Uno studio dell’Università di Trento ha dimostrato che, in presenza del simbolo del riciclo su bicchieri e tovaglioli, il 96%...

Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Milano in data 07.02.2017 al n. 60 Editrice Industriale è associata a:
Anes
Assolombarda

LabWorld

Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Milano in data 07.02.2017 al n. 59

Se vuoi diventare nostro inserzionista, dai un’occhiata ai nostri servizi.
Scarica il mediakit per maggiori dettagli in merito.

La nostra certificazione CSST WebAuditing

Editrice Industriale è associata a:Anes  Assolombarda