La ricerca dei medici ambientali: “Polveri sottili accelerano la diffusione virus”

19 Marzo 2020
ricercatori
Esiste una relazione tra i superamenti dei limiti di legge delle concentrazioni di PM10 registrati nel periodo dal 10 al 29 febbraio e il numero di casi infetti da COVID-19” sostengono i ricercatori della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) che hanno analizzato i dati in collaborazione con le Università degli studi di Bari e di Bologna.

 

Il particolato atmosferico, oltre ad essere un carrier, cioè un vettore di trasporto e diffusione per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus, costituisce un substrato che può permettere al virus di rimanere nell’aria in condizioni vitali per un certo tempo, nell’ordine di ore o giorni“.

 

A dirlo è un gruppo di ricercatori della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) che, in collaborazione con le Università degli studi di Bari e di Bologna, hanno esaminato i dati pubblicati sui siti delle ARPA (le Agenzie regionali per la protezione ambientale) relativi a tutte le centraline di rilevamento attive sul territorio nazionale, registrando il numero di episodi di superamento dei limiti di legge (50 microg/m3 di concentrazione media giornaliera) nelle province italiane.

 

Parallelamente, hanno analizzato i casi di contagio da COVID-19 riportati sul sito della Protezione Civile, arrivando alla conclusione che “esiste una relazione tra i superamenti dei limiti di legge delle concentrazioni di PM10 registrati nel periodo dal 10 al 29 febbraio e il numero di casi infetti da COVID-19 aggiornati al 3 marzo“.

 

Le concentrazioni in Pianura Padana
In Pianura padana, fanno sapere in particolare i ricercatori, si sono osservate le curve di espansione dell’infezione “che hanno mostrato accelerazioni anomale, in evidente coincidenza, a distanza di 2 settimane, con le più elevate concentrazioni di particolato atmosferico, che hanno esercitato un’azione di boost, cioè di impulso alla diffusione virulenta dell’epidemia“.

 

L’effetto, secondo il ricercatore Leonardo Setti dell’Università di Bologna, è più evidente “in quelle province dove ci sono stati i primi focolai“. A fargli eco Gianluigi de Gennaro, dell’Università di Bari: “Le polveri stanno veicolando il virus. Fanno da carrier. Più ce ne sono, più si creano autostrade per i contagi. Ridurre al minimo le emissioni e sperare in una meteorologia favorevole“. Quindi l’impatto dell’uomo sull’ambiente “sta producendo ricadute sanitarie a tutti i livelli”, aggiunge Alessandro Miani, presidente della SIMA, secondo cui “questa dura prova che stiamo affrontando a livello globale deve essere di monito per una futura rinascita in chiave realmente sostenibile, per il bene dell’umanità e del pianeta“. Conclude infine Grazia Perrone, docente di metodi di analisi chimiche della Statale di Milano: “Il position paper è frutto di un studio no-profit che vede insieme ricercatori ed esperti provenienti da diversi gruppi di ricerca italiani ed e’ indirizzato in particolar modo ai decisori“.

 

Intanto si continuano ad analizzare i dati per valutare un possibile rallentamento dei contagi. “Oggi siamo a pochi giorni dall’introduzione del decreto ‘Io resto a casa’”, e come riportato in un rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità il valor medio del tempo tra l’insorgenza dei sintomi e la diagnosi è 2-4 giorni, per cui se, come crediamo, l’introduzione delle misure restrittive sulla mobilità sono efficaci per la riduzione del rischio di contagio, ci aspettiamo di osservare una significativa riduzione del tasso di crescita tra circa tre giorni“. E’ la conclusione a cui è giunto uno studio dell’Istituto per le applicazioni del calcolo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Iac) su una previsione della diffusione del Coronavirus, realizzata con modelli matematici che utilizzano i dati forniti dalla Protezione Civile, aggiornati al16 marzo.

 

Per quanto riguarda la Lombardia – spiegano i ricercatori – si conferma anche per il 15-16 Marzo in modo più evidente la seppur piccola riduzione del tasso di crescita della frazione dei contagiati osservati relativa ai giorni 12-13 Marzo, 13-14 Marzo e 14-15 Marzo. Ci auguriamo la permanenza del trend anche nei prossimi giorni“.
Evidenza della riduzione del tasso di crescita “si nota anche nel blocco di regioni non confinanti con la Lombardia del centro Italia: Toscana, Umbria, Marche, Lazio ed Abruzzo. Anche qui valgono le considerazioni precedenti sul valor medio del tempo tra infezione e diagnosi“. “Per le regioni del Sud, escluse Basilicata e Molise, dove i numeri sono ancora ridotti, si osserva – prosegue la nota – un aumento del tasso di crescita avvenuto dopo una precedente diminuzione. Tale aumento è purtroppo avvenuto 3-4 giorni dopo l’esodo dal Nord al Sud dell’8 marzo, giorno dell’approvazione del decreto che istituiva la zona rossa in Lombardia“.

 

Secondo i ricercatori “probabilmente, gli effetti dell’esodo hanno influito negativamente sul contagio“. I dati utilizzati, viene spiegato, sono quelli ufficiali resi disponibili dalla Protezione civile e la strategia adottata prevede lo studio del fenomeno di diffusione del contagio attraverso modelli e metodi matematici e statistici di diverso tipo. “Stabilizzazione frazione contagiati tra il 25 marzo e il 15 aprile” Infine “analizzando i dati disponibili finora secondo il primo approccio, si stima che la stabilizzazione della frazione dei contagiati si avrà in un intervallo compreso tra il 25 marzo e il 15 aprile. Queste stime – viene evidenziato – sono soggette a grande incertezza a causa di vari fattori in gioco e vanno ricalibrate di continuo a seconda dei dati disponibili e dei cambiamenti nei comportamenti individuali“.

 

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