Nel nostro scorso webinar B2Better abbiamo parlato delle caratteristiche della plastica per il packaging alimentare e di come selezionarla ai fini del riciclo. Un argomento di grande attualità che ha raccolto l’interesse del pubblico.
L’appuntamento di Maggio con l’aggiornamento tecnico-scientifico organizzato da LabWorld ha visto l’intervento della Dott.ssa Marina Camporese, biologa ed esperta di food and cosmetic packaging, e dell’Ing. Emilia Francesca Lo Castro, Sales Engineer per Hamamatsu Photonics. Le ospiti ci hanno condotto in un viaggio nel mondo delle plastiche a contatto con gli alimenti: dal packaging alle opzioni in ottica di economia circolare.
Dopo i saluti e l’introduzione della nostra moderatrice, giornalista e biotecnologa Eleonora Viganò, ha preso la parola la Dott.ssa Camporese con un’introduzione accademica sulle materie plastiche come macromolecole. Poiché secondo la più recente regolamentazione entro fine anno tutti gli imballaggi dovranno essere etichettati, il focus sulle plastiche destinate al contatto alimentare si è concentrato sull’aspetto normativo.
Si è visto come tutti questi polimeri, siano essi naturali o sintetici, debbano essere autorizzati dal punto di vista tossicologico come da allegato 1 del Regolamento 10/2011 di EFSA, che definisce quali di questi materiali e oggetti di materia plastica sono considerati sicuri per i consumatori. A questo si aggiungono altri regolamenti europei che la Dott.ssa Camporese ha dettagliato nel suo intervento, con particolare riferimento al regolamento n. 282/2008 dedicato alle plastiche riciclate. Non tutte le plastiche riciclate possono, infatti, essere utilizzate nel packaging alimentare e anche l’attuale normativa è in via revisione per cui entro fine anno arriverà un nuovo regolamento aggiornato, molto più complesso, che includerà anche nuovi tipi di plastica riciclata e nuove modalità di riciclo. L’excursus è proseguito con la normativa italiana, che prevede il decreto 21373 del 2003, continuamente aggiornato, e il decreto sanzioni. A ciò si aggiungono disposizioni specifiche per sostanze particolari come le resine epossidiche e il Bisfenolo A.
Dopo una breve definizione di MOCA (Materiali e Oggetti a Contatti con gli Alimenti) e di FCM (Food Contact Materials) l’attenzione si è concentrata sul passaggio di sostanze dal materiale all’alimento, in termini di migrazione globale e specifica. La valutazione della sicurezza dei materiali nel pack alimentare è definita dall’ articolo 3 del Regolamento 1935/2004. Analizzandone i contenuti è emerso anche come un prodotto dichiarato ‘green’ o naturale non è necessariamente sicuro, un concetto utile per combattere il greenwashing. In questo contesto la normativa ribadisce che ci deve essere comunicazione lungo tutta la filiera (produttore – distributore – utilizzatore), anche attraverso l’obbligo di una dichiarazione di conformità, utile tra l’altro per la predisposizione di un piano analitico idoneo.
Ricapitolate le caratteristiche di un MOCA e cosa mi devo chiedere e aspettare quando acquisto un materiale a contatto con alimenti, il discorso è tornato sulle migrazioni con un excursus su tutte le possibili interazioni ambiente-packaging-alimento e le caratteristiche delle relative verifiche. Per realizzare un piano analitico – spiega Camporese – è quindi necessario tenere conto della destinazione d’uso, delle condizioni d’uso, di sostanze intenzionalmente aggiunte (IAS) e non aggiunte (NIAS), oltre che di eventuali altri contaminanti, specie da plastiche da riciclo. Il produttore dovrà quindi condurre test di idoneità tecnologica, di migrazione globale e specifica e altri test (quali metalli e ammine aromatiche secondo il regolamento 10/20117CE e aggiornamenti) NIAS e test sensoriali, che sono stati illustrati nello specifico.
Tra i contaminanti al momento all’esame di EFSA, stati membri e associazioni si è parlato di NIAS. Questi possono essere prevedibili o non prevedibili per cui vanno considerati metodi analitici di analisi target o untarget con la necessità di strumenti e librerie sempre più aggiornate. Successivamente andrà poi effettuata una Valutazione del Rischio, per cui manca tuttavia una normativa specifica. Tra le altre sostanze critiche approfondite dalla Camporese i fotoiniziatori, comunemente presenti in adesivi inchiostri e rivestimenti, MOSH e MOAH, Ftalati e Bisfenolo A.
Per introdurre la seconda parte del talk, si è parlato delle leve per migliorare l’impronta sull’ambiente di queste sostanze: riuso, riciclo e riciclato, riciclo organico e biodegradabilità, materiali bio-based o di origine naturale, riduzione dell’overpackaging. In termini di adeguatezza al contatto con gli alimenti, le plastiche da riciclo e riciclabili sottostanno alla stessa normativa che definisce anche le tecnologie efficienti per la selezione e riciclo. E se il PET rappresenta ad oggi la maggior parte della plastica riciclata adatta agli alimenti e proviene solo da riciclo meccanico, il nuovo regolamento in arrivo a fine anno normerà anche altri materiali e metodi come il riciclo chimico. Camporese ha concluso specificando che le bio-plastiche, derivanti da fonti rinnovabili, non sono per forza biodegradabili e non tutte sono adatte al contatto con alimenti, ma anche che le plastiche biodegradabili non sono necessariamente compostabili e viceversa. Inoltre, il rischio qui è che si rilascino sostanze pericolose nell’ambiente poiché la degradazione non avviene nelle condizioni controllate come in laboratorio.
L’incontro è passato poi al tema del sorting delle plastiche con l’Ing. Emilia Lo Castro, che ha presentato Hamamatsu Photonics e la sua gamma di prodotti e il concetto di Green Economy in termini di economia circolare. Riciclare plastica – spiega Lo Castro – significa risparmiare energia, proteggere l’ambiente e ridurre l’emissione di CO2. Con questa ospite abbiamo visto come è possibile differenziare le plastiche da altri tipologie di materiali in modo non invasivo, a livello ottico, tramite due tecnologie.
Soluzioni basate sull’Imaging X-Ray, di cui è stato spiegato cos’è, perché è efficace nel differenziare le plastiche e il set up dello strumento, che Hamamatsu ha declinato in due tipologie di camere. L’intervento ha dettagliato le camere X-Ray single energy e dual energy, soffermandosi sul quando si utilizzano, perché, quale problematica risolvono e sulle innovazioni di Hamamatsu in questo campo.
Sul fronte invece della differenziazione delle plastiche tra loro sono state presentate le tecniche di Spettrometria SWIR e di Imaging iperspettrale, ciascuna con un approfondimento sul perché usarla e come funziona, sugli strumenti Hamamatsu dedicati ed su alcuni esempi applicativi.
Al termine delle presentazioni la sessione aperta di Q&A ha raccolto interessanti domande, a conferma dell’attualità dell’argomento, a cui i relatori hanno puntualmente risposto, prima dei saluti finali.
Per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento e per chi non ha potuto seguire la diretta proponiamo qui di seguito la registrazione del talk.