La ricerca internazionale, guidata dall’Università Statale di Milano, è stata condotta nella morena del ghiacciaio Midtre Lovénbreen
Nei suoli in via di formazione, l’influenza della pianta sui microrganismi è completata da quella esercitata dallo stadio di sviluppo del suolo e dell’ecosistema suolo-pianta.
A dimostrarlo uno studio internazionale, guidato da Francesca Mapelli, Sara Borin e Daniele Daffonchio del dipartimento di Scienze per gli alimenti, la nutrizione e l’ambiente dell’Università Statale di Milano, e pubblicato su ISME Journal-Nature, una delle più prestigiosa riviste di ecologia microbica.
Sfruttando le caratteristiche naturali della morena di deglaciazione del Midtre Lovénbreen, un ghiacciaio artico alle isole Svalbard (Norvegia), il gruppo di ricerca è riuscito quindi a superare l’idea dominante che attribuisce alle piante il ruolo prioritario nel condizionare i microrganismi del suolo e, di conseguenza, nel mantenimento della sua fertilità.
Attraverso lo studio di una cronosequenza nella morena del ghiacciaio, cioè una sequenza di siti rilasciati dai ghiacci in tempi successivi e precisamente datati (da 8 a più di 1900 anni), i ricercatori hanno ricostruito l’evoluzione della composizione del microbiota associato alla pianta pioniera Saxifraga oppositifolia, in funzione dello stato di sviluppo del suolo.
I risultati hanno dimostrato che durante lo sviluppo dell’ecosistema la composizione della comunità batterica del suolo cambia, aumentando di complessità e diversità, in relazione al mutare delle caratteristiche chimico-fisiche, che vanno da un substrato minerale ai primi stadi di sviluppo a un suolo maturo e fertile agli ultimi stadi. Questo effetto è visibile anche nel sistema radicale delle piante pioniere colonizzatrici della cronosequenza.
“L’ambiente polare studiato – afferma Francesca Mapelli, primo autore dello studio – è un deserto freddo con caratteristiche analoghe a quelle dei deserti caldi, dove avviene il fenomeno inverso rispetto a quello descritto di sviluppo dell’ecosistema, cioè la sua degradazione a causa dei processi di desertificazione. I risultati di questo studio possono pertanto essere la base per l’interpretazione dei fenomeni legati al degrado degli ecosistemi, finalizzata allo sviluppo di approcci di mitigazione”.