Varianti Covid, arriva il kit rapido per individuarle

21 Gennaio 2021
varianti

Arriverà in tutto il mondo, probabilmente a fine febbraio, il primo kit di analisi che permette di identificare rapidamente le nuove varianti del coronavirus. Il nuovo test potrebbe diventare la prima risposta all’esigenza crescente di sapere quante e quali varianti del virus stanno circolando in quali Paesi e identificarle tempestivamente.

E’ anche la risposta ai programmi di sequenziamento recentemente sollecitati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). I metodi attualmente a disposizione per sequenziare il materiale genetico relativo alle mutazioni richiedono strumenti i cui tempi e i costi non sono compatibili con l’emergenza legata alla pandemia.

 

“Il test che è attualmente il gold standard per identificare la presenza di una variante in un tampone positivo è il sequenziamento genetico basato sul metodo Sanger“, ha affermato il virologo Francesco Broccolo dell’Università di Milano Bicocca, riferendosi alla tecnica classica basata sulla moltiplicazione delle copie del virus per mezzo della tecnica della Reazione a catena della polimerasi (Pcr) e che “permette di identificare le mutazioni già descritte nella variante, o anche nuove mutazioni“.

Il test, ha aggiunto il virologo, è “raccomandato dal ministero della Salute nel caso dei tamponi positivi nei quali si sospetti la presenza di una variante“, per esempio nel caso in cui avvenga un’infezione anche dopo la vaccinazione. “Il documento del ministero, dell’8 gennaio scorso, invita inoltre a eseguire il test in modo tempestivo, ma questo è tutt’altro che facile nei laboratori, pubblici o privati che siano“, ha osservato Broccolo. A incidere sono sia i costi del sequenziamento classico, compresi fra 100 e 200 euro, e i tempi, almeno una giornata.

Tuttavia – ha aggiunto il virologo – è possibile rilevare le mutazioni amplificando regioni parziali del gene con metodo PCR associato ad analisi melting. Questo metodo permetterà di fare test con un costo 5-10 inferiore in sole due ore circa utilizzando nella maggior parte dei casi la stessa strumentazione che i laboratori utilizzano attualmente per i tamponi molecolari mediante Pcr“.

La nuova tecnica, ha detto ancora, “di fatto è una semplice Pcr associata all’analisi della curva di melting, ossia alla fine del processo di amplificazione una curva permette di vedere le mutazioni che cadono nel frammento genetico della proteina Spike“, quella che il virus utilizza per agganciarsi alle cellule umane.

I tamponi molecolari classici che analizzavano la proteina Spike sono nel frattempo stati aboliti perché avrebbero potuto non identificare le varianti. L’esigenza di un programma nazionale di sequenziamento è intanto sempre più sentita.

Attualmente l’Italia è presente con poche sequenze virali. Sarebbe non solo opportuno, ma direi fondamentale creare nel nostro Paese un’organizzazione per generare dati“, ha osservato il genetista Massimo Zollo, docente dell’Università Federico II di Napoli e coordinatore della Task Force Covid19 del Ceinge-Biotecnologie avanzate di Napoli. “Abbiamo bisogno di energie perché sequenziare ed analizzare il genoma di Sars Cov2 e identificare la classe a cui appartiene non è assolutamente banale“, ha aggiunto.

Gli enti che hanno già prodotto sequenze – ha detto ancora Zollo – possono candidarsi a far parte del pool di esperti. È anche vero che nell’attività di produzione del dato c’è bisogno anche di bioinformatici che valutano la qualità del prodotto generato e c’è bisogno anche di un team che è sul territorio e che quindi isola le varianti dal territorio. È fondamentale un aggancio tra il ministero della Salute, gli enti di ricerca legati al ministero e coloro i quali hanno già svolto questa attività e hanno dimostrato di saper svolgere questa azione. Il programma nazionale deve prevedere inoltre un budget dedicato e pronto“.

 

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